Brain, tre libbre di materia tra le orecchie. Il datore di lavoro non vuole distrazioni


La riunione annuale del World Economic Forum (Wef) è sempre stata un banco di prova per idee inquietanti che spesso promuovono l’in troduzione e la normalizzazione di misure di sorveglianza invasive direttamente dai film distopici. Il monitoraggio dell’at tività del cervello umano, incluso l’uso di impianti, rientra certamente in questa categoria. Questo insolito monitoraggio delle persone è una delle tecnologie presentate all’evento di quest’anno a Davos dalla professoressa della Duke University, Nita Farahany. Gli impianti cerebrali non sono nuovi di per sé in quanto vengono utilizzati in medicina per trattare alcune condizioni gravi. Tuttavia, quelli presentati a Davos riguardano persone sane, fondamentalmente per leggere le loro menti. “Decodificare pensieri complessi” è ora possibile, ha detto Farahany durante il suo “Ready for Brain Transparency?” parlando al vertice del Wef la scorsa settimana. E la tecnologia è ora in grado di rivelare il grado di stress che qualcuno sta vivendo e a cosa sta prestando attenzione. Quindi l’o biettivo è sapere cosa o come si sente la persona, cosa pensa e cosa attrae il suo interesse. La prof è disinvolta nel suo intervento e parla con naturalezza di questioni cruciali: “Se gli anni '90 sono stati il decennio del genoma umano, segnato dallo Human Genome Project (il più grande progetto biologico collaborativo al mondo), questa è l’era del cervello umano”.

Quando lanciò iniziativa Brain negli Stati Uniti, il presidente Barack Obama dichiarò con altrettanta naturalezza: “Come esseri umani, possiamo identificare galassie distanti anni luce, possiamo studiare particelle più piccole di un atomo, ma non abbiamo ancora svelato il mistero delle tre libbre di materia tra le nostre orecchie. Sbloccare quei misteri sarà trasformativo per la società. Il che è fantastico e terrificante”. Che poi, diciamolo, quelle tre libbre potremmo anche lasciarle lì dove si trovano, limitandoci a farle funzionare, che già sarebbe un’impresa.

Ma il Wef spinge sull’acceleratore e con progetti come Brain e Human Brain Project ora ben avviati, e miliardi di dollari di finanziamenti privati che promuovono la ricerca e la scoperta neurologica, la promessa della neurotecnologia di migliorare la vita e di ottenere informazioni sul cervello umano sta crescendo. Il punto è: come possiamo sostenere la privacy dei dati e la libertà personale mentre facciamo passi da gigante verso un mondo di trasparenza del cervello, che tanto piace alla Farahany? Il vertice a Davos ha presentato una visione distopica degli impianti di analisi delle onde cerebrali per combattere il crimine, essere più produttivi e trasparenti sul lavoro e persino “trovare l’amore”. Tali dispositivi dovrebbero apparire nel prossimo futuro e una delle aziende fortemente interessate all’argomento è Meta. Tutti gli elementi sono già disponibili, ma ciò che serve è l’adozione di massa. Non è mica roba da poco, dato che qualcuno già immagina di far “scorrere la mente” invece delle dita sul cellulare, perché questa è una delle “convenienze” menzionate all’event o Wef come “com promesso per garantire il pieno accesso a te stesso a parti esterne”. Nita Farahany prevede che molti di noi vedranno questo scenario nel corso della nostra vita. E alla domanda “Perché qualcuno dovrebbe volere qualcosa del genere?” un cartone animato ritrae un “futuro meraviglioso” in cui le onde cerebrali verranno utilizzate per cose altrettanto meravigliose, come farci monitorare perfettamente dal datore di lavoro, il governo, la polizia. La Farahany ha del resto rivelato che una qualche forma di tracciamento dell’attività cerebrale è già in atto nei luoghi di lavoro. Più specificamente, oltre 5.000 aziende in tutto il mondo stanno attualmente monitorando i “li velli di affaticamento” del cervello dei propri dipendenti. Inutile dire che questo sta accadendo in Cina, tra gli altri, mediante dispositivi indossabili con la capacità di rilevare e interpretare l’attività delle onde tramite caschi o cappelli (alcuni camionisti a quanto pare li indossano già per far sapere ai loro capi quanto sono vigili), fasce, auricolari, cuffie. Il tema aziendale riguarda i dipendenti, sotto controllo per verificare “se una persona sta prestando attenzione o se la sua mente sta vagando” e a cosa, più precisamente, sta prestando attenzione. Tale tecnologia non solo può valutare se qualcuno sta prestando attenzione e a cosa, ma può intervenire per riportare la mente in carreggiata. Farahany ha spiegato che il Mit Media Lab ha già sviluppato una “sciarpa tattile” che “dà a una persona una piccola scossa quando la sua mente inizia a vagare per aiutarla a rimettere a fuoco la sua attenzione”. Capito bene? Se un dipendente si distrae anche per un attimo, una scossetta lo riporta immediatamente all’attività che sta svolgendo. Si prevede che l’ampiezza di ciò che possiamo raccogliere dal cervello aumenterà considerevolmente “nei prossimi giorni man mano che l’Intelligenza artificiale diventerà più potente, man mano che i sensori diventeranno più potenti”. E se qualcuno dovesse opporsi? La prof ritiene che un’importante difesa contro potenziali abusi della privacy che utilizzano tale tecnologia sia preventivamente “riconoscimento del diritto alla libertà cognitiva, diritto all’autodeterminazione del nostro cervello e delle nostre esperienze mentali”. Quel che preoccupa è che lei ha aggiunto che presto verrà richiesto un aggiornamento dei diritti umani nei documenti che ne trattano. Con questi diritti fondamentali e le “migliori pratiche” , i datori di lavoro dovrebbero monitorare i livelli di affaticamento. Ma se qualcuno ha sentimenti “amorosi” per un collega, quei datori di lavoro “rispetteranno l’autonomia dell’indivi duo”, rassicura Farahany.

Raffaella Vitulano









Eugenetica applicata ai lavoratori 

La professoressa universitaria statunitense Nita Farahany, ospite al World Economic Forum di Davos, ha inoltre chiesto se i datori di lavoro e le compagnie assicurative debbano avere accesso ai dati sulla salute delle persone e alle “previsioni genetiche”. Il che significa che potrebbe divenire lecito discriminare professionalmente non i malati, ma i potenzialmente malati? E sì, perché le “previsioni genetiche” potrebbero avere un ruolo nel decidere se le persone “decidano di avere figli”. E a un datore di lavoro potrebbe interessare. “Molte persone e molte organizzazioni diverse con cui lavoro lottano con questioni di previsioni genetiche, in particolare per gli ’highly penetrants’, persone predisposte alla malattia, come ad esempio la Sla”, spiega. “Se i familiari hanno quel particolare gene, quella particolare mutazione, potrebbe benissimo essere che i loro figli ce l’abbiano”. E quindi? Tra le nevi miliardarie di Davos spuntano conversazione di eugenetica . Siete davvero pronti alla trasparenza celebrale? “Noi come società dovremmo volerlo”, ha chiuso la Farahany , perché “se fatta bene, la neurotecnologia ha promesse straordinarie”.

Ra.Vi.

Scansioni del cervello per intromettersi nella nostra mente 

Siamo in piena era del concetto delle scansioni cerebrali teorizzate da Klaus Schwab (Wef) nel suo libro sulla Quarta Rivoluzione Industriale, ritenuta una “fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica” con dispositivi presto impiantabili direttamente nel nostro corpo e nel nostro cervello. Il capo della Nokia annuncia che i cellulari “saranno costruiti direttamente nei nostri corpi”: entro il 2030 è probabile che le interfacce di connettività che utilizziamo per comunicare cambieranno così radicalmente che coloro che utilizzano smartphone fisici saranno in minoranza con l’arrivo del 6G. La tecnologia di interfaccia uomo-macchina “consentirà alle autorità di intromettersi nello spazio fino ad ora privato della nostra mente, leggendo i nostri pensieri”. Altro che il mago Silvan o Forrester. E dimenticatevi i viaggi: “Anche attraversare un confine nazionale potrebbe un giorno richiedere una scansione cerebrale per valutare la sicurezza di un individuo”. In Cina esiste già una tecnologia in grado di misurare le espressioni degli studenti ed avvisare gli insegnanti “quando il comportamento disattento dello studente raggiunge un certo livello”.

Ra.Vi.



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