La “metis” di Ulisse e il pantano di Biden


Le sensazioni e le decisioni viscerali portano a errori strategici: gli Stati Uniti sono stati attirati nel campo di battaglia a Gaza, nello Yemen e ora in Iraq e ora sembrano incagliate. Lo scrive Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico e fondatore e direttore del Conflicts Forum con sede a Beirut, organizzazione che sostiene l’impe gno tra l’Islam politico e l’Occidente. La sua analisi per quel che riguarda le scelte del governo Usa è molto chiara: “Cina e Russia sono state straordinariamente silenziose - esordisce l’a nalista osservando attentamente lo spostamento delle placche tettoniche globali in risposta alle due guerre in corso in Ucraina e Israele. In realtà questo non deve sorprendere; entrambi gli stati possono sedersi e guardare semplicemente Biden e la sua squadra persistere nei loro errori strategici in Ucraina e nelle molteplici guerre di Israele. L’intreccio delle due guerre, ovviamente, plasmerà la nuova era. “Ci sono rischi sostanziali, ma per ora possono osservare con conforto da lontano come si svolge una congiuntura nella politica mondiale, aumentando gradualmente il ritmo del logoramento fino a diventare un cerchio di fuoco. Il punto qui è che Biden, al centro della tempesta, non è un Sun-Tzu dalla mente fredda. La sua politica è personale e altamente viscerale. Come ha scritto Noah Lanard nella sua analisi forense di How Joe Biden Became America’s Top Hawk, il suo stesso team lo dice chiaramente: la politica di Biden è situata nei suoi kishkes, le sue viscere”. C’è una lunga e rispettabile storia di leader che prendono la decisione giusta, motivata dal momento, dal loro inconscio, senza un attento calcolo razionale. Nel mondo antico questa era una qualità molto apprezzata. Ulisse l’aveva. Si chiamava Metis. Ma questa capacità dipendeva dal possedere comunque un temperamento imparziale e dalla capacità di vedere le cose nel loro insieme. Chi possiede la Metis può permettersi un giudizio immediato. Ma cosa succede se i “kishkes” sono pieni di rabbia e bile? Ebbene, gli errori - gli errori strategici - diventano inevitabili. E questi errori - spiega Crooke - stanno attirando gli Stati Uniti sempre più in profondità. Michael Knights, studioso del think-tank neoconservatore del Washington Institute, osserva che “gli Houthi sono entusiasti dei loro successi e non sarà facile scoraggiarli. Si stanno divertendo tantissimo, resistendo a una superpotenza che probabilmente non può dissuaderli”. Ciò avviene sulla scia di una guerra in Ucraina che sta già raggiungendo - o è arrivata - alla sua conclusione scontata. Sia negli Stati Uniti che tra i suoi alleati in Europa, è riconosciuto che la Russia ha prevalso in modo schiacciante. Non vi è alcuna possibilità che questa situazione possa essere recuperata, indipendentemente dal denaro o dal nuovo “sostegno” occidentale. Molti nelle classi dirigenti di Kiev lo hanno ben compreso, ma hanno paura di parlarne apertamente. Nel 2010, quando Netanyahu fece infuriare Obama con un’importante espansione degli insediamenti mentre Biden era in Israele, quest’ultimo e il suo team volevano gestire la controversia in privato mentre Obama ha preso una strada completamente diversa. Il segretario Clinton concesse a Netanyahu24 ore per rispondere, avvertendo: “Se non ti adegui, ciò potrebbe avereconseguenze senza precedenti sul piano bilaterale”. I dietro le quinte raccontano che Biden fu presto contattato da uno sbalordito Netanayhu ed indebolì completamente il Segretario di Stato dando una forte indicazioneche qualunque cosa fosse stata pianificata a Washington fosse mera testardaggine e che lui avrebbe potuto disinnescare il tutto

quando fosse rientrato. Quando Clinton vide la trascrizione, “si rese conto di essere stata gettata sotto l’autobus” da Biden, racconta un funzionario. Crooke aggiunge che durante un periodo critico all’inizio dell’amministrazione Obama, quando la Casa Bianca pensava di esercitare una reale pressione su Netanyahu per mantenere viva la possibilità di uno Stato palestinese e la pace, Biden avrebbe fatto più di ogni altro funzionario a livello di gabinetto per proteggere Netanyahu da quella pressione. Oggi Crooke evidenzia come Biden sia visceralmente a destra persino di alcuni nel Gabinetto di Guerra di Netanyahu: “Non faremo nient’altro che proteggere Israele”, ha detto Biden in una raccolta fondi lo scorso dicembre. Una tale mancanza di visione e diplomazia espone gli Stati Uniti a possibili futuri errori strategici, come Mosca, Teheran e Pechino avranno già intuito. La rassegnazione ad una guerra tra Israele ed Hezbollah, ad esempio, non va scontata. Per l’analista, perfino il rapporto pubblicato sul Washington Post secondo cui Biden ha incaricato il suo staff di prevenire una guerra totale tra Israele e Hezbollah, altro non sarebbe che inteso piuttosto a immunizzare gli Stati Uniti dalla colpa di complicità, nel caso scoppiasse una guerra nel Nord. La chiave per comprendere la complessità del lancio di un’azione militare in Libano risiede nella necessità di vederla da una prospettiva più ampia: dal punto di vista dei neocon, affrontare Hezbollah invoca i pro e i contro di una più ampia “guerra” degli Stati Uniti contro l’Iran. “Un simile conflitto - scrive l’ex diplomatico britannico - comporterebbe aspetti geopolitici e strategici diversi e più esplosivi poiché sia la Cina che la Russia hanno una partnership strategica con l’I ran. L’inviato statunitense Hochstein a Beirut è stato incaricato di vincolare le parti libanese e israeliana alle disposizioni della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 2006 (mai implementata). Il governo libanese ha proposto alle Nazioni Unite una tabella di marcia per l’attuazione della 1701. La mappa prevede la conclusione di un accordo su tutti i tredici punti di confine contesi e propone di delimitare di conseguenza il confine tra Libano e Israele. Ma una simile configurazione della questione è del tutto fuorviante, poiché la Risoluzione 1701 non è semplicemente una disputa territoriale irrisolta in Libano. L’obietti vo principale della Risoluzione 1701 era (ed è) il disarmo e lo spostamento di Hezbollah, ma il piano del governo libanese non menziona affatto Hezbollah, il che pone chiari interrogativi sul suo realismo e sul suo scopo”. Perché Hezbollah dovrebbe essere persuaso al disarmo, quando Netanyahu, insieme al ministro della Difesa Gallant, hanno annunciato attraverso una dichiarazione congiunta che “la guerra non è vicina alla fine: sia a Gaza che ai confini settentrionali” con il Libano? Se la soluzione diplomatica di Hochstein non dovesse emergere (con Hezbollah disarmato e allontanato dal sud), allora Israele, ha promesso Gallant, intraprenderà un’azione militare . “La clessidra presto si capovolgerà”. Russia, Iran, Cina e gran parte del mondo naturalmente stanno a guardare mentre gli Stati Uniti si lasciano coinvolgere in una serie di errori strategici sovrapposti che senza dubbio rimodelleranno l’ordine globale. Bisogna solo capire a vantaggio di chi. Mentre il mondo annaspa una rivoluzione silenziosa scuote intanto le banche centrali. Si chiama “ preposizionamento”. Per ora, nemmeno i mercati finanziari ne hanno colto l’importanza. Nella sua incarnazione più estrema, il “ preposizionamento” tra sformerebbe le banche centrali in ciò che Lord King ha coloritamente descritto come un banco dei pegni per tutte le stagioni senza il solito stigma associato al dover impegnare i propri oggetti di valore. Questo perché le banche, proprio come la gente comune che ricorre agli strozzini, non sarebbero in grado di prelevare contanti da una banca centrale senza versare qualcosa di valore in caso di default. Immagine suggestiva. L’essenza dell’idea è che le banche devono preposizionare le garanzie ed emettere passività a breve termine solo fino al valore di tali garanzie. In questo modo si eliminerebbero le corse agli sportelli. Il Gruppo dei 30 ha proposto che le banche dovrebbero preposizionare garanzie sufficienti per coprire tutte le loro passività “ gestibili”, cioè tutto tranne il capitale, il debito a lungo termine e depositi completamente assicurati. Il vice governatore della Bank of England, Sam Woods, obietta che il preposizionamento non elimina la necessità di una regolamentazione prudenziale: “ La magia di un’economia capitalista sta nella competizione. Ma non è una gran competizione se il gioco è truccato in modo che nessuno ( tranne il contribuente) perda mai”.



Raffaella Vitulano


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