Big chocolate impenna i prezzi e le uova di Pasqua diventano un lusso


Prezzi record per le uova di cioccolato quest’anno. Commercianti, produttori e rivenditori si incolpano a vicenda per gli aumenti, ma la realtà è che Big Chocolate ci sta prendendo molto in giro per questa Pasqua. E’ l’amara conclusione di Alexander Ford, che su Politico Europa racconta in un gustoso reportage da Bruxelles le mosse delle multinazionali del cioccolato. “La Galleria Reale di Saint-Hubert nel centro storico di Bruxelles è un luogo rumoroso. Le fashioniste maltrattano l’haute couture; le famiglie masticano waffle sotto i suoi archi del XIX secolo. Ma è l’odore che ti guida verso i soldi. Aromatico, caramellato, tostato: il profumo del cioccolato si diffonde dai negozi dove i clienti lasciano 10, 20 e persino 50 euro per il loro cibo cremoso e marrone”. “I prezzi sono astronomici”, ha confessato Géraldine Sac, direttrice del negozio di dolci Les Délices du Roy, “Non so perché la gente continui a pagarli”. La verità è che in un clima così triste a livello mondiale servono dolcezza ed alimenti che stimolino l’ossitoci na. Dalla Scozia alla Sicilia, le persone pagano fino al 50% in più per le loro barrette e uova rispetto allo scorso anno, poiché i grandi gruppi approfittano della crisi dell’offerta per aumentare i prezzi. Le aziende sostengono che si stanno solo adattando all’impennata del costo delle fave di cacao, che vengono scambiate ai massimi degli ultimi cinque decenni. Tuttavia, gli osservatori rivelano che molti non si limitano a scaricare i costi sui consumatori. “Greedflation è il nome del gioco - racconta Politico - che si esprime sia attraverso prezzi più alti che imballaggi più piccoli o riducendo il contenuto di cacao a favore di ingredienti più economici come frutta, noci e oli vegetali. “Il consumatore non ne ha la minima idea, ok? Non ne ha la minima idea”, ammette Nicko Debenham, amministratore delegato di Sustainability Solutions ed ex responsabile della sostenibilità presso Barry Callebaut, il più grande produttore di cioccolato del mondo. Per Désiré Adon e Magloire Kra, le boutique belghe rappresentano un mondo lontano. I due coltivatori di cacao della Costa d’Avo rio guadagnano appena 1.000 franchi centrafricani (Cfa), circa 1,50 euro, per ogni chilogrammo di semi venduti. Il raccolto principale va da ottobre a gennaio e quello di quest’anno è stato tra i peggiori a memoria d’uo mo. Ma loro non hanno la minima idea di cosa accada a decine di migliaia di chilometri da loro, nelle boutique europee del cioccolato. “È una miseria”, spiega Adon, parlando al telefono con Politico dal suo piccolo appezzamento a nord della capitale Abidjan. Il clima estremo causato dal fenomeno climatico El Niño ha colpito il paese, che insieme al vicino Ghana produce il 70% del cacao mondiale. La crisi del cacao dell’Africa occidentale ha ridotto di un decimo l’offerta globale, innescando una carenza a livello di settore. Per prime arrivarono le piogge,che martellarono la terra di Adon con ferocia fuori stagione. Poi - scriveFord seguirono i parassiti, che diffusero malattie fungine come baccelli neri e germogli gonfi che decimarono il suo raccolto. La mancanza di investimenti significa che non può permettersi fertilizzanti o pesticidi per i suoi alberi invecchiati, riducendo ulteriormente i raccolti. La crisi del cacao dell’Africa occidentale ha ridotto di un decimo l’offerta globale, innescando una carenza a livello di settore. Le fabbriche di trasformazione in Costa d’Avo rio stanno finendo le fave per produrre burro di cacao e liquore, gli ingredienti chiave del cioccolato. Ciò ha fatto salire alle stelle

i prezzi del cacao, da un abbondante 4 mila euro per tonnellata all’inizio di gennaio a un goloso 9 mila euro alla fine di marzo. Adon e Kra non vedono nulla di tutto ciò. La loro tariffa di mille franchi centrafricani per chilogrammo viene fissata due volte all’anno da un’impresa statale, che garantisce un prezzo minimo per quando i mercati sono in ribasso, ma limita anche le loro entrate durante i periodi di prosperità. Ghana e Costa d’Avorio stanno cercando di cambiare la situazione creando un cartello in stile Opec, ma Big Chocolate si rifiuta da anni di pagare di più. “Il cacao semplicemente non è più redditizio”, insiste Kra dal suo campo esaurito vicino al confine con la Liberia. Abbattere la foresta pluviale e piantare nuovi alberelli nel terreno ultrafertile avevano rappresentato in passato la risposta al calo dei rendimenti. Una risposta decisamente poco ecologica cui gli agricoltori non potranno più ricorrere di fronte all’imminente regolamento europeo sulla deforestazione che boicotterà i produttori che coltivano su terreni desolati. “La situazione che abbiamo oggi è qui a lungo termine”, prevede Bakary Traoré, direttore delle Iniziative per lo sviluppo comunitario e la conservazione delle foreste, una Ong ivoriana che monitora i mercati del cacao. Questa scarsità ha portato i produttori di cioccolato ad aumentare i prezzi, accusando un raddoppio dei costi di produzione. Lindt & Sprüngli ha dichiarato a Politico di aver aumentato le tariffe in media del 10% lo scorso anno, mentre il marchio del commercio equo e solidale Tony’s Chocolonely ha riportato un aumento di circa il 7%. Mondelez, Ferrero e Neuhaus non hanno risposto alle richieste di commento, ma sembrano aver superato aumenti equivalenti. Il contenuto di chicchi in un prodotto finito arriva fino all’11%, quindi il cacao in una tavoletta potrebbe raddoppiare il suo prezzo, ha detto Nicko Debenham, che ha trascorso tre decenni nel commercio di cacao. I produttori di cioccolato bloccano gli acquisti delle materie prime con anni di anticipo, acquistando contratti futures per proteggersi dalla volatilità dei prezzi. Quanto più acquisti in anticipo, tanto migliore sarà la tua copertura. Il problema, a quanto pare, è che la maggior parte dei marchi di cioccolato erano scarsamente coperti, hanno detto diversi esperti a Politico, e quindi hanno trasferito i costi più elevati sui consumatori. “Parla con qualsiasi produttore, però, e negheranno di essere i cattivi. Per loro i veri truffatori dei prezzi si nascondono in bella vista: i supermercati” rileva Politico. Il processo decisionale sui prezzi è più forte a livello di vendita al dettaglio, sostiene Debenham, sottolineando il potere di mercato superiore dei negozi nel decidere cosa mettere nei corridoi e a quale prezzo. Insomma, il cioccolato sta diventando un prodotto di lusso. Un rapporto del 2020 dell’istituto francese Le Basique ha rilevato che per una tavoletta di cioccolato fondente venduta in Francia, sia il produttore che il rivenditore hanno ottenuto il 37% del valore, rispetto al 7% per l’esportato re e al 6% per il trasformatore. Qualunque sia il colpevole, a pagare è il consumatore, lamenta Géraldine Sac, direttrice di Les Délices du Roy a Bruxelles. E buona Pasqua a tutti.

Raffaella Vitulano

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