Guerra con Mosca più vicina, l’Europa dimentica la lezione di George Kennan


La nuova strategia occidentale nei confronti della Russia non fa presagire nulla di buono per il Vecchio continente. La rivista Foreign Affairs pubblica un articolo scritto da un team dell’influente Centro per gli studi strategici e internazionali (Csis) che sostiene una strategia sostenuta di “contenimento” contro la Russia. Si tratta di un passo indietro (almeno da parte degli Stati Uniti) rispetto all’o biettivo di isolare completamente Mosca. Basta una guerra economica che cerchi di separare ulteriormente il Vecchio continente dalla Russia, attirando al contempo più nazioni dalla parte dell’Occidente. Una strategia di George Kennan vecchia di 75 anni che per i leader di governo evidentemente non si adatta più alle realtà geopolitiche del mondo nel 2024. Eppure una strategia di contenimento potrebbe consentire agli Stati Uniti di scoraggiare la Russia in Europa, dedicando allo stesso tempo maggiori risorse per scoraggiare la Cina in Asia, in modo da evitare un pericolosissimo conflitto diretto tra Stati Uniti e Russia che ci getterebbe tutti in una linea del fronte. Ma verso la fine di febbraio, la scelta europea (o meglio l’asse franco-tedesco di Davos) sembra essere stata invece fatta a favore della guerra, con l’escalation di dichiarazioni dei leader tra Parigi (particolarmente irresponsabili), Londra, Praga, Berlino, con totale disprezzo per coloro che affermano di governare. Il primo ministro polacco Donald Tusk getta benzina sul fuoco: “I tempi di pace sono finiti, l’era del dopoguerra è finita. Viviamo in tempi nuovi, in un’era prebellica”. La verità è che, come sempre in Europa, c’è dissonanza tra interessi della gente comune ed élite locali. Tutta questa attività apparentemente scoordinata genera confusione, mentre gli elettori di tutto il mondo si chiedono con evidente disagio se i loro leader di governo siano piuttosto sotto oppiacei sintetici prodotti in Cina, considerati l’euforia e lo stordimento che manifestano parlando di cose gravissime. Washington (esclusa l’area neocon, ovviamente) e Mosca frenano di comune accordo sull’escalation, e così il Vaticano. Ma Germania, Francia e Polonia (ormai prive di gas, petrolio e litio) non ci stanno e rialzano i toni, visto che il progetto green di Davos per l’Occi dente, trasumanesimo incluso, sembra traballare: il piano è ormai letteralmente devastato dalla resilienza di Donald Trump e dall’establishment corporate americano, capeggiato da JP Morgan, già espressasi a favore del tycoon e dai suoi progetti di abbandono di Nato ed Europa. Roma resta in linea con Washington e frena sulla guerra, distaccandosi dai bollori di Varsavia, Parigi e Berlino. La guerra inneggiata direttamente da Macron contro la Russia con proprie truppe in Ucraina, da Scholz invece solo come ipotesi (visto che alla Germania resta l’opzione di uscire dall’euro) è sintomo di estrema debolezza europea, soprattuttofrancese. George Kennan sarebbe pieno di rimpianti per il fatto che la suaadesione ad una strategia di contenimento contro l’Unione Sovietica, comedelineata nel suo famoso “Long Telegram” di 5.400 parole dall’ambasciatadi Mosca, sia stata completamente fraintesa e trasformata oggi dall’Europa e dai neocon Usa in un programma di confronto militarizzato. “La democrazia avrà sempre ambasciatori e ministri: la questione è se avràdiplomatici”, si chiedeva Cambon, già nel 1925. E Kennan, convenendo conlui oltre sessant’anni dopo, inviava un messaggio di preoccupazione a Washington e di vivace critica, non solo per aver menomato l’indipendenza della diplomazia e l’autonomia del servizio estero, ma anche per aver rinunciato alla centralità del Dipartimento di Stato e all’unitarietà della politica estera, trangugiando invece propaganda sulla propria rettitudine ideologica e perfezionando l’arte della belligerante menzogna pubblica. L’aspetto principale della decadenza della diplomazia del suo paese, quello che George Kennan criticava con maggiore amarezza, è istituzionale e riguarda l’ingerenza del potere politico nel funzionamento della diplomazia, sovente a scapito dell’interesse nazionale permanente, e la frammentazione della politica estera americana tra molte istanze non coordinate. Già nel 1948 Kennan cominciò a essere insoddisfatto della carriera diplomatica e negli oltre cinquant’anni vissuti dopo aver lasciato il paese, fu un frequente critico della politica estera degli Stati Uniti. Una splendida biografia rivelatrice di Kennan, “A Life Between Worlds” di Frank Costigliola, presenta l’immagine di un uomo di straordinaria abilità e ambizione la cui idea di contenere l'Unione Sovietica scatenò la Guerra Fredda, che egli stesso nel mezzo secolo successivo cercò di estinguere. Sempre preveggente, Kennan negli anni ’90 avvertì che l’espansione verso est della Nato avrebbe innescato una nuova guerra fredda con la Russia. In un cablogramma inviato nell’agosto 1948 in qualità di direttore della pianificazione politica, Kennan affrontò la grande questione che risuona oggi: nel caso di un collasso sovietico, gli Stati Uniti dovrebbero favorire il mantenimento dell’integrità territoriale dell’impero sovietico o lottare per la sua spartizione. Kennan suggerì che, pur sostenendo l’indipendenza dell'Ucraina, gli Stati Uniti avrebbero dovuto essere eccezionalmente cauti. Ha riconosciuto il potere dell’i dentità ucraina e ha consigliato a Washington di non opporsi a un’Ucraina indipendente, ma di stare molto attenti a non essere visti come la potenza che la sostiene. A parte quelle che toccano gli aspetti specifici all’assetto politico-costituzionale degli Stati Uniti, molte delle critiche di Kennan alla condizione attuale della diplomazia americana riguardano oggi in realtà molti paesi del mondo (Ue in primis) e la traballante torre di sangue che li contorna nella demonizzazione del dissenso decisamente fuori misura, che riflette un’inedita fragilità di sistema. Non a caso, al momento gli indici di gradimento e i sondaggi sulle preferenze degli elettori mostrano che l'alleanza contro la Russia è governata dai governi più deboli della loro storia postbellica: il governo del cancelliere tedesco Olaf Scholz è sceso al 17% di preferenze, Scholz al 20% di consensi; il presidente francese Emmanuel Macron è sceso al 30% di consensi e il suo successore perderebbe contro il Rassemblement National; il consenso al primo ministro Rishi Sunak è del 9%. Il contributo personale di Kennan è quello di un maestro riconosciuto della diplomazia moderna alla riflessione che dovrebbe imporsi sulla formazione e sulla gestione della politica estera in un tempo percorso da gravi e diffusi conflitti. Ben altro rispetto alla russofobia incendiaria di Victoria Nuland e dei suoi colleghi europei, la cui diplomazia - si fa per dire - ha ceduto sotto al crollo dell’intera architettura della strategia statunitense neocon in Ucraina.

Raffaella Vitulano

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