Si scrive Onu e si legge multinazionali. La vittoria del modello multistakeholder


Nick Corbishley non ha dubbi: il modello multistakeholder adottato dalle Nazioni Unite conferisce alle aziende ancora più potere sulla società, sull’economia e sull’ambiente, a scapito delle istituzioni democratiche nazionali. Il giornalista investigativo sostiene che nel mezzo di guerre che si propagano e di altre crisi globali, la presa del controllo delle Nazioni Unite da parte del World economic Forum continua a ritmo sostenuto. E’ una questione di potere, ma non necessariamente politico. Anzi. L’importante, per il Wef, è saperli plasmare i politici. Ma questo lo vedremo dopo. Torniamo al vertice COP 28 di pochi giorni fa, tenutosi a Dubai, una delle città più climatizzate del pianeta. Inevitabile che i gruppi indigeni abbiano scatenato una tempesta per il numero senza precedenti di lobbisti dei combustibili fossili presenti ai colloqui delle Nazioni Unite. Secondo un’analisi citata dal Guardian, almeno 2.456 lobbisti dei combustibili fossili hanno avuto accesso ai negoziati. Si tratta di quattro volte il numero registrato per la Cop27 di Sharm el-Sheikh, di per sé un anno record, e sette volte il numero di delegati indigeni ufficiali. Ai negoziati erano fortemente rappresentate anche le grandi aziende agricole, il che non sorprende dato che uno dei principali punti di discussione dell’evento di quest’anno è stato il problema delle emissioni del settore alimentare.

Le lobbies presenti alla Cop28

Erano presenti partecipanti provenienti da alcune delle più grandi aziende agroalimentari del mondo – come l’azienda di confezioni di carne Jbs, il gigante dei fertilizzanti Nutrien, il gigante alimentare Nestlé e l’azienda di pesticidi Bayer, nonché potenti lobbies del settore. Gli interessi dei produttori di carne e latticini erano particolarmente ben rappresentati con 120 delegati a Dubai, il triplo del numero che ha partecipato alla Cop27 a Sharm El-Sheikh, in Egitto. Nel complesso, l’analisi della lista dei delegati mostra che il numero totale di persone che rappresentano gli interessi dell’a groalimentare è più che raddoppiato dal 2022 fino a raggiungere 340. Decuplicati rispetto al 2022 anche gli oltre 100 delegati recatisi a Dubai come parte delle delegazioni nazionali, il che garantisce un accesso privilegiato ai negoziati diplomatici. Il rapido aumento sia del numero che, presumibilmente, dell’influenza dei lobbisti aziendali al vertice delle Nazioni Unite sul clima è parte di un cambiamento raramente discusso ma estremamente significativo nella governance globale che è in corso da decenni ma è pericolosamente vicino al completamento: la presa di potere delle Nazioni Unite da parte delle multinazionali e comunque delle aziende. Un processo destinato ad accelerare ulteriormente. La completa sottomissione dell’Onu agli interessiaziendali, delineata dal World Economic Forum con la sua Global RedesignInitiative nel 2010 e perseguita con successo da allora, dovrà essere sancita nelle regole e nei regolamenti dell’organiz zazione mondiale in occasione del Future Summit delle Nazioni Unite del 2024. Ciò è importante anche per il previsto accordo sulla pandemia, che consiste nel conferire all’Oms poteri di gran lunga maggiori di quelli avuti sino a pochi anni fa. E’ su questo che punta il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che ha istituito un comitato consultivo di alto livello sul multilateralismo efficace per elaborare proposte di riforma. Ma il gruppo G77, che rappresenta i paesi del Sud del mondo, oppone resistenza. Il modello multi-stakeholder” non li convince affatto. L’attuale sistema di governance globale assegna sempre meno ruolo ai governi e maggiore ruolo alle aziende di tutte le dimensioni, che guidano il progresso nelle nuove tecnologie; le aziende energetiche, industriali e agricole sono responsabili di una parte enorme delle nostre emissioni globali di carbonio e dell’inquina mento; le banche e le società finanziarie gestiscono i nostri flussi finanziari globali; e le aziende private consegnano la maggior parte dei nostri beni.

I l processo decisionale intergovernativo

Ma i nostri trattati multilaterali ignorano in gran parte questi attori, presupponendo erroneamente che l’azione dello Stato sia sufficiente per regolare questa rete globale di attori privati. Ma questo sembra ormai impossibile nei fatti. Se ne compiacciono evidentemente il World Economic Forum e i suoi tre dirigenti più anziani: Klaus Schwab, il suo presidente esecutivo; Mark Malloch- Brown, allora vicepresidente; e Richard Samans, il suo amministratore delegato.

La creazione di un sistema di governance multi-stakeholder è ormai di fatto parziale sostituzione del processo decisionale intergovernativo. Principale stakeholder del Wef sono le imprese transnazionali, che oggi dominano i processi politici, finanziari, economici e produttivi. Se sancito nelle norme e nei regolamenti delle Nazioni Unite in occasione del Future Summit delle Nazioni Unite, il modello multi-stakeholder del Wef garantirà alle aziende, molte delle quali in parte o addirittura in gran parte responsabili delle gravi crisi che il mondo si trova ad affrontare, ancora più potere e influenza su società, economia e ambiente, a scapito delle istituzioni democratiche nazionali. Ciò significherà ancora meno rappresentanza democratica e responsabilità nelle decisioni prese dalle istituzioni delle Nazioni Unite. Dopotutto, il Wef rappresenta alcune delle persone e delle aziende più ricche e influenti del mondo come Apple, Blackrock (o Blackstone Group), Citi, Deutsche Bank, Exxon Mobil, Foxconn, Glencore, e così via in ordine alfabetico. Non male questa accelerazione per un processo di trasformazione relativamente recente. Sono tre gli elementi fondamentali del modello di governance multi-stakeholder del Wef: le strutture multi-stakeholder non significano ruoli uguali per tutti gli stakeholder; l’impresa è al centro del processo; l’elenco dei multi-stakeholder del Wef comprende principalmente quelli che hanno legami commerciali con l’a zienda: clienti, creditori, fornitori, collaboratori, proprietari ed economie nazionali. Tutti gli altri potenziali stakeholder sono raggruppati come “go verno e società”. Si noti che Schwab non dice nulla sulla democrazia in questo approccio alle attività multi-stakeholder. Ciò che preoccupa alcuni analisti riguardo all’aspetto del multistakeholderismo è che il segretario generale è indubbiamente la figura pubblica di spicco del sistema multilaterale intergovernativo. Il World Economic Forum è invece il principale sostenitore del fatto che un sistema di governance multi-stakeholder dovrebbe in pratica marginalizzare il sistema multilaterale. Nel 2021 il Wef e l’Ufficio del Segretario generaleOnu hanno concluso un memorandum d'intesa sul coinvolgimento del settore aziendale nell’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile, che non è mai stato reso pubblico dalle Nazioni Unite né presentato all'Assemblea Generale. L’approccio del segretario generale, chiamato governance multistakeholder, aumenterebbe l’influenza delle aziende sulla governance globale, aggravando le conseguenze dannose del dare priorità al “ritorno sugli investimenti” rispetto ai bisogni sociali ed ecologici. L’Onu starebbe dunque dando sponda al multistakeholderismo dando influenza e potere agli attori aziendali senza un dibattito pubblico sul carattere democratico di quest’ultimo, senza un dibattito pubblico sulla sua effettiva capacità di risolvere i problemi o su come vengono selezionati gli stakeholder. Il Wef ha svolto un ruolo significativo nel definire la politica globale, attraverso il suo Young Global Leaders Forum (da 2005 ad oggi) e il programma Global Leaders for Tomorrow (1993-2003). Questi due programmi hanno contribuito a creare capi di governo o leaders aziendali. Si pensi a Bill Gates (Microsoft), Paul Allen (Microsoft), Mark Zuckerberg (Meta), Jeff Bezos (Amazon), Jack Ma (Alibaba Group), Jimmy Wales (Wikipedia), Niklas Zennström (Skype), Ana Botín (Grupo Santander) Richard Branson (Virgin), Stéphane Bancel (Moderna), Elon Musk, Eric Schmidt (Google) e Larry Page (Google). Tutti passati dai corsi del Wef. Oppure, in politica: Tony Blair e Gordon Brown, Angela Merkel e José María Aznar; l’ex segretario al Tesoro degli Stati Uniti Larry Summers; l’ex presidente francese Nicholas Sarkozy e l’attuale presidente Emmanuel Macron; gli ex presidenti della Commissione Ue Manuel Barroso e Jean Claude Juncker. Nel novembre 2019, appena tre mesi prima che la pandemia di Covid-19 iniziasse, il club di Davos ha portato a termine la madre di tutte le partnership pubblico-private, firmando un accordo di partenariato strategico con le Nazioni Unite.


Raffaella Vitulano



Commenti

Post più popolari