Goodbye Afghanistan, epicentro del business di oppio

 di Raffaella Vitulano


Avrebbero dovuto lasciare il paese il primo maggio, ma solo entro l’11 settembre tutti i soldati di Washington lasceranno l’Afghanistan, con un posticipo di oltre 4 mesi rispetto alla data del 1° maggio stabilita negli accordi stipulati a Doha (Qatar) con i Talebani nel febbraio 2020. Gli Usa si ritireranno così dall’Afghanistan esattamente 20 anni dopo l’intervento militare. Una guerra infinita, durata davvero troppo. Per la Casa Bianca gli obiettivi prefissati “sono stati raggiunti”. In realtà la guerra in Afghanistan è stata un fallimento su tutti i campi. Su quello “militare, politico, umanitario e finanziario” secondo Pietro Arlacchi, che fu incaricato nel 2009 dalla Commissione Affari esteri del Parlamento europeo, di stilare un rapporto sulla nuova strategia dell’U nione Europea per l’Afghani stan. Osama bin Laden è già stato ucciso 10 anni fa in Pakistan, e vent’anni fa gli anglo-americani avevano già fatto crollare il regime talebano (la Nato intervenne più tardi). Le cose stanno dunque in maniera molto diversa dalla narrazione epica e il ritiro delle truppe non può rappresentare un mero elegante disimpegnoda una guerra durata vent’anni e costata aicontribuenti Usa più di 6,4 trilioni di dollari (6 mila e 400 miliardi di dollari) fonte WatsonInstitute presso la Brown University). Gli Usa lasciano, ma il Pentagono è tuttavia reticente nel fornire informazioni dato che il progetto del team Biden neo-conservatori sarebbe quello di una presenza militare statunitense “privatizzata.” Secondo un rapporto di Jeremy Kuzmarov, “rimangono in Afghanistan oltre 18.000contractor alle dipendenze del Pentagono, mentre le truppe ufficiali sono 2.500. Joe Biden ritirerà le truppe lasciando in realtà le forze speciali americane, i mercenari e gli agenti dell’intelligence, privatizzando la guerra”. Questo vuol dire che in Afghanistan sono attualmente presenti sette mercenari per ogni singolo soldato americano. Un dato impressionante che sottolinea come l’uso di appaltatori militari privati permetta al Pentagono e alle agenzie di intelligence statunitensi di evitare una seria supervisione da parte del Congresso. Il ritiro degli americani comporterà anche il ritiro delle circa 7.000 truppe Nato alleate partecipanti alla missione Resolute Support, in cui il contingente italiano conta circa 890 uomini circa. Nel conflitto, sono morti oltre 2.000 militari Usa (53 gli italiani e circa settecento feriti) e almeno 100mila civili afghani. Sarebbe necessario presentare un piano alternativo per la gestione della situazione nei prossimi anni, ma il caos regna sovrano. A vincere la guerra è stata in realtà la droga. L’oppio, soprattutto, con una produzione record in Afghanistan, mentre anche un fiume di eroina invade Europa e Stati Uniti. Nel 2018 sono state oltre 9mila le tonnellate di eroina afghana prodotta, cifra che copre più dell’80% della produzione mondiale, stando ai dati diffusi da Angela Me, a capo della sezione ricerca e analisi di Unodc, (Chief Research and Trend Analysis Branch United Nations Office on Drugs and Crime) l’agen zia Onu di lotta e contrasto alle droghe e alla criminalità organizzata. L’Afghanistan resta il primo produttore mondiale e i proventi di questi traffici alimentano la corruzione a Kabul, che nella classifica di Transparency International si classifica al 173° posto su 180. Erano stati gli stessi talebani a dare un duro colpo alcommercio illegale nel luglio 2000 vietando lecoltivazione del papavero da oppio. Una decisione che portò all’e radicazione quasi totale dell’oppio dall’Afghanistan facendo schizzare il prezzo dell’oppio grezzo da 28 dollari al chilo del ’97 a un record di 700 dollari alla vigilia dell’11 settembre, stando ai dati dell’ufficio delle Nazioni Unite per la droga e il crimine del 2002. Dopo l’attentato alle Torri gemelle, il prezzo scese in caduta libera, arrivando a soli 90 dollari al chilo nell’ottobre del 2001. In quell’ottobre, riferisce il Guardian, mentre iniziavano i bombardamenti americani la Cia si alleò con i militanti musulmani che avevano appoggiato al tempo della guerra contro l’Urss. Questi miliziani “erano nel frattempo diventati potenti signori della guerra ed erano attori di primo piano del commercio dell’eroina”. Secondo un articolo del 2007 del Nyt, Washington chiuse “un occhio sulle attività dei signori della guerra connesse alla droga “, tanto che l’illecita rete commerciale restò in piedi anche dopo la cacciata dei talebani da Kabul. Un tentativo di stroncare il commercio di droga era stato anni addietro attivato dall’Onu, che concentrò i suoi sforzi nel rimettere in auge una grande fabbrica di cotone immobilizzata dall’assenza di energia elettrica. In cambio il governo locale avrebbe dovuto proibire la coltivazione del papavero in tutto il distretto offrendo ai contadini soluzioni alternative di occupazione in fabbrica. Ma qualcuno si mosse prima e la fabbrica venne acquistata da un imprenditore locale, un certo Osama Bin Laden; che dimostrò come tutto il piano si sarebbe rivelato più complesso del previsto.

Raffaella Vitulano

5.5.2021


È tempo di business: la Cina è il maggior investitore nel paese 

L’area è ricca di litio e petrolio, ma la Cina si muove secondo un metodo diametralmente opposto a quello abitualmente adottato dagli Usa: nessuna ingerenza nelle problematiche interne bensì cortesie e investimenti per favorire lo sviluppo. In questo momento il maggior investitore in Afghanistan è lei, che ha surclassato gli Usa. L’Afghanistan ha bisogno di tutto, la Cina offre prestiti e possibilità di fare affari. Per i cinesi l’i dea di aprire un passaggio alla Via della Seta verso il Medio Oriente rappresenta un obiettivo importante. Pechino sa che per farlo non c’ è nessun mezzo più efficace degli affari. Il gigante asiatico non si è mai impegnato militarmente nel pantano afghano, ma ne è sempre stato attratto dalle 'ricchezze', ha promesso di giocare un ruolo importante nella ricostruzione e ora - scrive il South China Morning Post -potrebbe considerare l'invio di una ”forza di peacekeeping” se dovesse ritenere il caos afghano una minaccia per la regione dello Xinjiang, dove ha investimenti nel settore minerario, in passato garantiti dai soldati americani.

Ra.Vi.

Papaveri sparsi su un terreno pari a oltre 400 mila campi da football 

Acosa servono le guerre se non per accaparrarsiricchezze? Sarà per questo che secondo uno studio realizzato dall’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma la spesa militare totale è aumentata nel 2020 toccando quota 1,9 trilioni di dollari e facendo segnare un aumento del del 2,6% rispetto al 2019. In Afghanistan la chiamano giang-i-tariàk, la guerradell’oppio. Anche quando una guerra non si vince, anche quando l’imbarazzo di fronte alla comunità internazionale non si può nascondere, c’è sempre da guadagnare. La produzione e il traffico di droga in Afghanistan sono aumentati da quando la guerra è iniziata, nel 2001. Lo ammetteva già nel 2014 John Sopko, ispettore speciale per l’Afghanistan del governo statunitense, sottolineando come in 13 anni, a fronte di oltre 7 miliardi di dollari stanziati per la lotta al papavero, i campi avessero raggiunto un’estensione di oltre 300 mila ettari. Pari a 400 mila campi da football Usa. Il ciclo del papavero pare essere inarrestabile. Dopo la crisi del 2008, del resto, nelle grandi banche circolavano molti narcodollari. E’ proprio da quell’anno che l’Afghanistan comincia la produzione di droghe sintetiche, le metanfetamine.

Ra.Vi.








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