Olimpiadi, alla Cina medaglia d’oro per la repressione dei diritti


di Raffaella Vitulano

Una nuova ricerca della confederazione internazionale dei sindacati (Ituc) assegna alla Cina la medaglia d’oro per la repressione e mostra che le azioni del Partito Comunista Cinese hanno reso Pechino pericolosa per gli atleti e le altre persone coinvolte nelle Olimpiadi invernali in programma dal 4 al 20 febbraio 2022. Le Olimpiadi invernali si terranno dunque in un paese governato da un partito sempre più repressivo. Gli sport delle Olimpiadi hanno regole, ma il Partito Comunista Cinese ha dimostrato di avere poco o nessun rispetto per le leggi e gli standard internazionali. Il dossier presenta cinque politiche repressive del partito di governo che rendono insicure la Cina e, di conseguenza, il mondo. Facendo riferimento ai cerchi olimpici, il dossier individua i cinque punti come i “cinque cerchi della repressione” che stanno strangolando libertà e diritti per molti milioni di persone: repressione e prigionia a Hong Kong; intimidazione delle persone Lgbt+; violazioni dei diritti fondamentali sul lavoro, nelle catene di approvvigionamento e nella società; repressione e sfruttamento delle minoranze etniche; silenzio e censura sulla diffusione del Covid- 19. Dura la condanna del segretario generale Ictu, Sharan Burrow: “Gli sport delle Olimpiadi hanno regole, ma il Partito comunista cinese ha dimostrato di avere poco o nessun rispetto per le leggi e gli standard internazionali, e sta diventando sempre più repressivo. Guarda Hong Kong. Sotto gli occhi del mondo, hanno represso qualsiasi persona o gruppo che tenti di esercitare i diritti e le libertà più elementari. Se distribuissero medaglie per la repressione, il Partito Comunista Cinese otterrebbe un oro ogni volta”.

In vista dei Giochi olimpici invernali di Pechino 2022, il sindacato chiede che il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) garantisca la sicurezza e l’inco lumità degli atleti e di tutti gli altri che partecipano ai Giochi; i governi garantiscano la sicurezza degli atleti e di altrepersone dei loro paesi che si recano ai Giochi;gli sponsor olimpici internazionali, tra cui Airbnb, Allianz, AtoS, Bridgestone, Coca- Cola, Dow, GE, Intel, Omega, Panasonic, P& G, Samsung,Toyota e Visa, rivedano il loro rapporto con le Olimpiadi invernali di Pechino alla luce delle politiche repressive di partito di governo cinese. Infine, il partito al governo ponga fine alle sue politiche di repressione e ammetta i diritti e le libertà fondamentali secondo le regole internazionali. Oltre alle preoccupazioni per i diritti umani, la valutazione indipendente degli esperti dopo il numero di infezioni da Covid-19 alle Olimpiadi di Tokyo, dove sono state riscontrate importanti lacune nei protocolli di prevenzione, suscita gravi preoccupazioni sul prossimo evento in agenda a Pechino, considerata la soppressione di vitali informazioni da parte delle autorità cinesi.

“Come possono il Cio e i suoi partner essere sicuri che le Olimpiadi invernali non contribuiranno all’oppressione e alle violazioni dei diritti umani e che gli atleti, le loro squadre, i giornalisti e gli altri partecipanti siano protetti in un paese governato da questo Partito?” si chiede la Ituc. Avendo scelto Pechino, non possono esserne sicuri, ma possono fare molto per arginare i rischi e garantire la sicurezza. Il Cio deve dunque organizzarsi e fare il suo lavoro, insieme ai suoi partner commerciali e ai governi, per garantire la sicurezza di tutte le persone coinvolte nei Giochi. I cinque cerchi olimpici di cui il Cio e milioni di atleti e sostenitori in tutto il mondo sono così orgogliosi rischiano di venire offuscati dalle politiche del Partito Comunista Cinese.

Il Partito Comunista Cinese ha del resto accelerato rapidamente la sua occupazione politica di Hong Kong, rendendola un posto altrettanto pericoloso per chiunque voglia garantirsi diritti umani fondamentali. Decine di sindacalisti e difensori della democrazia sono stati rinchiusi usando la nuova legge repressiva sulla sicurezza nazionale. La Confederazione dei sindacati di Hong Kong (Hkctu), che ha una storia orgogliosa in difesa delle persone e dei diritti sindacali, é stata costretta a sciogliersidopo che molti dei suoi dirigenti sono stati incarcerati. Dopo un’enorme pressione da parte delle autorità, anche il sindacato insegnanti,l’Hong Kong Professional Teachers è stata sciolta, pur rappresentando il 90% degli insegnanti del territorio ed avendo 48 anni. Altri sindacati indipendenti sono soggetti a campagne di intimidazione, indagini e minacce secondo la nuova legge. Oltre che per i sindacati, la Cina non è un luogo sicuro neppure per i lavoratori. Dozzine di multinazionali globali sono state implicate nelle violazioni dei diritti umani dopo la scoperta di abusi presso i loro fornitori in Cina. Ci sono prove crescenti su come le persone di etnia uigura nello Xinjiang vengano utilizzate nel lavoro forzato, con ripercussioni di accuse alla credibilità sui fornitori di aziende a livello internazionale. L’Ituc Global Rights Index mostra come il partito al governo non rispetti nemmeno i più elementari diritti. La legge consente la discriminazione antisindacale, l’imposizione di un sistema sindacale unico (giallo) attraverso la Federazione dei sindacati di tutta la Cina (Acftu), che non può né difendere la libertà di associazione – il diritto di un lavoratore a iscriversi a un sindacato di sua scelta – né il diritto di sciopero, e in molti luoghi di lavoro agisce come cinghia di trasmissione per la gestione delle decisioni del governo. Il governo spesso emana leggi per reprimere avvocati e sindacalisti. Ad esempio, dozzine di lavoratori alla Jasic Technology sono scomparsi o sono stati incarcerati con l’accusa di “radunare una folla per sconvolgere l’ordine sociale”. In Asia centrale, un rapporto della Ituc ha rilevato che tra i lavoratori i diritti basilari sono regolarmente violati all’interno della China’s Belt and Road Initiative.

12.11.2021

Raffaella Vitulano





Accordi per 70,7 miliardi di $ firmati con gli investitori stranieri 

Non si ferma la fiducia che le aziende straniere hanno nel mercato cinese. La riprova è nei dati della China International Import Expo (Ciie) a Shanghai, dove oltre 70 miliardi di dollari di accordi sono stati siglati durante la quarta edizione della più grande fiera di import del mondo. Il 4 ° Ciie si è concluso mercoledì scorso con accordi provvisori del valore di $ 70,7 miliardi raggiunti per acquisti di beni e servizi, in calo del2,6% su base annua. Alla Ciie di quest'anno hanno partecipato circa 2.900 aziende provenienti da 127 paesi e regioni,  con un'area espositiva di 366.000 metri quadrati, che ha stabilito un nuovo record nella storia della manifestazione. Durante la manifestazione sono stati lanciati circa 422 nuovi prodotti e servizi. L’expo ha sei aree espositive tra cui commercio, macchinari e servizi. Molti espositori esteri ritengono la Cina cruciale per le loro attività nel momento in cui il commercio globale è colpito dalla pandemia e dal crescente protezionismo.L’atteggia mento di apertura di Shanghai è stato per loro un importante incentivo a continuare a investire nel paese nonostante le difficoltà esterne.

Ra.Vi.


Il piano di Pechino per l’ambiente Prestiti della banca centrale alle aziende 

La People's Bank of China (Pbc), la banca centrale del paese, ha dichiarato che fornirà strumenti di politica monetaria, come prestiti a basso costo, alle imprese nei settori chiave della riduzione delle emissioni di carbonio. La Pbc fornirà il 60% del capitale del prestito alle imprese con un tasso di interesse annuo dell'1,75%, e tali prestiti potranno essere emessi due volte. Gli strumenti di supporto saranno offerti alle imprese in tre aree chiave della riduzione delle emissioni di carbonio: energia pulita, risparmio energetico e protezione ambientale. Gli strumenti supporteranno principalmente le industrieche sono ancora nella fase iniziale del loro sviluppo, ma che hanno un grande potenziale per la riduzione delle emissioni. Secondo le linee del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (Cpc) e il Consiglio di Stato, entro il 2025 le emissioni di Co2 per unità di pil diminuiranno

del 18% rispetto al 2020. La Cina raggiungerà l'obiettivo del picco di emissioni di carbonio entro il 2030, con una serie di obiettivi specifici come raggiungere il 25% del consumo di energia non fossile.

Ra.Vi.




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