La crisi delle materie prime impedisce la ripresa

 di Raffaella Vitulano

Provate ad ordinare qualsiasi cosa vi serva in questa estate, da un artigiano o su qualche piattaforma elettronica. La risposta sarà quasi certamente che per la realizzazione dell’oggetto che cercate dovrete attendere. ”Non ci sono materiali, le materie prime scarseggiano e i prezzi saranno comunque più cari” vi risponderanno i produttori e i commercianti. Ma costa sta accadendo? La richiesta di consumi post Covid aumenta e le forniture non riescono a starle dietro. Chiedevamo a gran voce la ripartenza e ora questa è inceppata. Tra la Cina che protegge il suo mercato interno e gli Stati Uniti che lottano per la concorrenza, l’Europa ci rimette sempre, con le sue misure di salvaguardia che rallentano l’import.

Prezzi alle stelle per legname, ferro, acciaio, rame, greggio, soia, grano. Sul fronte della componentistica non va meglio. Mancano i microchip ed i settori coinvolti sono molteplici, dall’automotive al fotovoltaico, ragione per la quale le batterie di accumulo mancheranno per tutto il 2021 senza garanzie sui tempi difornitura. E poi dicono di passare all’ibrido o all’elettrico. L’in dustria dei microchip è abituata a lavorare secondo il principio del tempo reale (just-in-time) minimizzando le scorte in magazzino e contenendo i costi. In pratica,producono su commissione. Dopo i lockdown c’è stata impennata della domanda ma il settore dei microchip non ha la possibilità di aumentare senza pianificazione e l’intera filiera è in affanno. Chi ha potuto, le aziende lungimiranti, si è accaparrata sul mercato i pochi microchip a disposizione, quelli che trovereste in qualsiasi elettrodomestico o oggetto tecnologico: dal tostapane allo smartphone, fino a un missile balistico. Un vero e proprio dramma per il settore automobilistico, che si era lentamente ripreso solo negli ultimi mesi. Tanto che diversi marchi sono stati costretti a sospendere le produzioni in alcuni impianti: General Motors e Ford hanno tagliato la produzione negli Usa, e anche Stellantis ha fermato 5 impianti. Ford si attende un calo del 50% della produzione nel secondo trimestre dell’an no; Mitsubishi fabbricherà 16mila auto in meno, circa un quinto della produzione complessiva; Jaguar ha bloccato le linee in alcuni impianti in Uk. Anche Audi, Volkswagen, Renault, Subaru e altre case hanno dovuto fare i conti con la penuria di semiconduttori e tagliare le stime per il 2021. A complicare la situazione, l’im pennata di contagi per Covid registrata negli ultimi giorni a Taiwan dove ha sede la Tsmc, la più grande fonderia di semiconduttori dalla quale tutto il mondo si rifornisce. L’aumen to della domanda non è l’uni co fattore decisivo per la carenza di scorte. Altri eventi hanno determinato la carenza di materie prime, come l’in cidente avvenuto a marzo nel Canale di Suez o la siccità che ha colpito alcune regioni del mondo devastando i raccolti. E, ancora, l’enorme blackout in alcuni Stati americani lo scorso febbraio, che ha rallentato di molto le operazioni nel settore energetico e petrolchimico. Il potere del digitale sembrava poter risolvere qualsiasi problema. Ma l’econo mia industriale, che qualcuno forse pensavaaver ormai passato il testimone a quella digitale,si è ripresa la scena. La domanda di beni e merce di vario genere è cresciuta molto nelle ultime settimane, complice l’allentamento delle restrizioni in molti Paesi. Ma questo, scrive Bloomberg in un lungo articolo, ha ricadute sulla produzione, sul trasporto e sulla fornitura di rame, caffè, alluminio, carta, acciaio e praticamente qualsiasi altra cosa. Brendan Murray, Enda Curran e Kim Chipman scrivonoche ”i produttori di materassi, le case automobilistiche, i produttori di fogli di alluminio, stanno acquistando più di quanto necessario, per sopravvivere alla velocità vertiginosa con cui la domanda di beni sta crescendo e per placare la paura che prima opoi torni a spegnersi. Le carenze, i colli di bottiglia nei trasporti e le impennate dei prezzi si stanno avvicinando ai livelli più alti nella storia recente, sollevando la preoccupazione che un’economia globale sovralimentata possa alimentare l’inflazione”. Tempi di consegna, costi insostenibili e ritardi nelle forniture rischiano di mettere in ginocchio interi settori. Lamiera e profilati sono ormai introvabili. Il legname è in mano ai cinesi: malgrado i rincari la domanda è altissima. Ma i magazzini a breve saranno vuoti e le saracinesche si abbasseranno per non risollevarsi più. La corsa all’accaparramento non è sufficiente: non basta nemmeno essere disposti a pagare il doppio del prezzo. Nel frattempo molte materie prime come il rame continuano a battere record storici, mentre altre sono addirittura diventate impossibili da reperire. Tra qualche mese molte attività saranno costrette a chiudere i battenti.

9 luglio 2021

Una guerra commerciale senza precedenti 

Mentre il mondo era impegnato a sconfiggere la pandemia, c’è chi si armava per una guerra commerciale senza precedenti. La crescente compressione dei margini collegata ai rincari delle materie prime pone tutte le filiere in difficoltà. Occorre reagire ad una criticità strutturale che durerà sicuramente per altri mesi. Ma come? L'attenzione degli investitori si concentra ancora sui prezzi, dove il ferro segna un +1,3%, l’o ro è poco mosso mentre il rame sfiora un rialzo del 2%. Ulteriori problemi per l’industria internazionale potrebbero arrivare dal fatto che, dopo la Russia, anche la Cina sarebbe in procinto di annunciare una tassa del 15% sulle esportazioni di acciaio. La decisione, fanno notare gli analisti, non farà altro che aggravare la già tesa condizione del mercato dell’acciaio in Europa alle prese con livelli di prezzi sui record storici. Pechino era già corsa ai ripari, avviando politiche di disincentivo alle esportazioni di acciaio togliendo le sovvenzioni sull’iva per il materiale siderurgico in uscita dal paese. La carenza di materiale spingerà le aziende del settore a ridurre i turni di lavoro.

Ra.Vi.

Tazza d’oro, aumenta anche il prezzo del caffè al bar 

Tazza d’oro, nel vero senso della parola. Ripercussioni commerciali anche sul mercato del caffè. Il fatturato delle torrefazioni italiane è sceso dell’8,6%, mentre si è registrato un incremento dei costi delle materie prime (chicchi verdi) con relativo aumento del prezzo della tazzina di espresso al bar. Solitamente il caffè viene importato dal Vietnam e dall’Africa Centrale per quanto riguarda la qualità robusta, mentre l’arabica arriva da Brasile, Colombia e America Centrale in generale. Gli esperti sostengono che il costo delle materie prime non dovrebbe incidere in modo fondamentale sul prezzo del caffè torrefatto e questo perché in una tazzina alla fine ci sono solamente 7 grammi di caffè, con un’incidenza sul finale del 20% (17-18 centesimi su 1 euro). Quindi, in teoria, anche un aumento di un paio di euro al chilo per il caffè verde non dovrebbe riflettersi in modo significativo sul prodotto finale.

Nonostante ciò, però, il prezzo dell’e spresso al bar è comunque salito: si è registrato un +1,4% all’anno.

Ra.Vi.

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