Ora la finanza decide su quali imprese investire. Al bando quelle poco verdi

 di Raffaella Vitulano

Qualcuno pensa sia futuro, ma è già presente. La riorganizzazione verticistica dell’economia mondiale, il cosiddetto Grande Reset o Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è già in fase di piena attuazione, mentre il mondo rimane in isolamento per colpa di un virus. Una splendida opportunità, l’hanno definita Prince Charles e tanti leader mondiali. Ma è in realtà la Grande scommessa della finanza che sta trainando nel cubo di Rubick l’area di investimento più calda, la “Esg Investing” (acronimo di Environment, Social values and Governance). Detta così, sembrerebbe anche una buona cosa perché punta su Ambiente, Valori sociali e Governance. In pratica, quello che banchieri e giganti dei fondi d’investimento come BlackRock hanno fatto è stato creare una nuova infrastruttura d’investimento che sceglie i “vincitori” o i “perdenti” degli investimenti in base agli obiettivi dell’azienda riguardo all’Esg. Per esempio, un’azienda otterrà una valutazione positiva se sarà seriamente intenzionata a diversificare management e personale in base al gender, o prenderà misure per eliminare la sua “impronta” di carbonio attingendo a fonti di energia verdi e sostenibili. Come le aziende possano contribuiread una governance globale sostenibile è il più vago dei termini dell’Esg e potrebbe includere qualsiasi cosa, dalle donazioni aziendali a Black Lives Matter al sostegno di alcune agenzie delle Nazioni Unite, come l’Oms. In realtà è ben tutto pianificato per dirigere flussi di investimento su nuovi canali, a prescindere dalle vere finalità aziendali. Gli analisti scrivono che è un processo di riorganizzazione supercontrollato che sta spostando i flussi del capitale globale verso un selezionato portafoglio di azioni e obbligazioni aziendali “approva te” dai cartelli finanziari. Il cambiamento va studiato, anticipato e gestito, dato che la mutazione antropologica sradicherà l’essere umano dalla attuale cultura del lavoro e della creatività produttiva strangolata dalla economia iperfinanziarizzata. Il Grande Reset di Klaus Schwab, in pratica, dirotterà centinaia di miliardi in investimenti verso le aziende “woke” accuratamente selezionate e lontano da quelle “non woke,” come le compagnie petrolifere, del gas o del carbone. L’obiettivo centrale degli strateghi Esg è la transizione alla promessa utopica delle zero emissioni di carbonio. Questo processo è guidato dalle maggiori istituzioni finanziarie del mondo e dalle banche centrali, le stesse che avevano creato la crisi finanziaria del 2008. Nel 2013, ben prima del coronavirus, la principale banca di Wall Street, Morgan Stanley, aveva inaugurato il suo Istituto per l’Investimento Sostenibile. Questo era poi stato ampliato nel 2015, quando Morgan Stanley era entrata nel comitato direttivo della Partnership for Carbon Accounting Financials (Pcaf). Nel 2020, il Pcaf contava già più di 100 banche e istituzioni finanziarie, tra cui ABN Amro, Nat West, Lloyds Bank, Barcylays, Bank of America, Citi Group, Cibc, Danske Bank e altre. Molte delle banche facenti parte del Pcaf sono state coinvolte in casi di riciclaggio di denaro sporco. Ora si sono autoinvestite del modello di virtù per il cambiamento dell’economia mondiale, se dobbiamo credere alla retorica. In particolare, l’ex governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney è un “osser vatore,” o consulente, del Pcaf. Nell’agosto 2020, il Pcaf aveva pubblicato una bozza su un possibile standard per la quantificazione del carbonio globale. Questo significa che i banchieri stanno creando regole contabili proprie per valutare l’impronta di carbonio o il profilo verde di un’azienda.

Che banche d’affari debbano valutare il profilo verde di un’azienda e decidere se sarà il caso di sostenerla o darle pollice verso, è quantomeno singolare. Un ruolo centrale in questa riorganizzazione della finanza mondiale per la promozione dell’agenda verde 2030 delle Nazioni Unite lo gioca proprio Mark Carney, membro del consiglio di amministrazione e consigliere del segretario generale dell’Onu in qualità di inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione sul clima. Nel 2015, quando era a capo del Financial Stability Board (Fsb) della Bri, Carney aveva fondato un’organiz zazione denominata Task-force on Climate-related Financial Disclosure (Tcfd, Task-force sulla divulgazione finanziaria legata al clima), ai cui vertici i banchieri centrali del Fsb hanno nominato 31 persone. Oltre al presidente, il miliardario Michael Bloomberg, troviamo rappresentanti di BlackRock, JP MorganChase, Barclays Bank, HSBC, Swiss Re, la banca cinese Icbc, Tata Steel, Eni petrolifera, Dow Chemical, il gigante minerario Bhp e David Blood della Generation Investment Llc di Al Gore. Un parterre niente male: la finanza, del resto, deve garantire lunga vita ai suoi nuovi investimenti.

l colore dei soldi: una rete globale controllerà la ricchezza del pianeta 

Un altro organismo fondamentale per la preparazione finanziaria per il Grande Reset è il Sustainability Accounting Standards Board (Sasb), nel cui elenco si contano, oltre al più grande gestore di fondi del mondo, BlackRock (oltre 7.000 miliardi di dollari in gestione), anche Vanguard Funds, Fidelity Investments, Goldman Sachs, State Street Global, Carlyle Group, Rockefeller Capital Management e numerose grandi banche, come Bank of America e Ubs. Eppure molte di queste banche sono responsabili del crollo finanziario globale del 2008. Lo scopo è di creare una rete di entità finanziarie a livello globale, comprese assicurazioni e fondi pensione, in grado di controllare la ricchezza complessiva per una cifra che potrebbe arrivare a 100 trilioni di dollari. Questa rete darà punteggi ad aziende, e persino ad interi Paesi, in base alla quantità delle loro emissioni di carbonio. Se siete puliti e verdi potrete ottenere investimenti. Se verrete considerati inquinatori come le industrie del petrolio, del gas e del carbone, i gestori del capitale globale disinvestiranno o eviteranno di finanziarvi.

Ra.Vi.

Tutti gli eventi naturali legati alla Co2 Banche e assicurazioni prospereranno 

Anne Finucane, vicepresidente della Bank of America e membro sia del Pcaf che del Tcfd, descrivendo i criteri di valutazione utilizzati nel portafoglio dei prestiti immobiliari ci fa capire dove va a parare la nuova finanza: “Si tratta di un’analisi del rischio fisico reale riferito ad un portafoglio campione di mutui residenziali della Bank of America per tutti gli Stati Uniti”. Tutti i rischi (cicloni, terremoti e varie) sono in pratica definiti come legati alla Co2. Gli interessi finanziari rastrelleranno così miliardi di dollari nel prossimo decennio. L’obiettivo immediato di questo cartello finanziario è la spina dorsale dell’economia mondiale, il settore del petrolio, del carbone e del gas naturale, di cui il mondo vedrà un calo precipitoso degli investimenti. I globalisti di Davos e gli attori finanziari dell’Esg sono pronti a garantirlo. Il costo dell’elet tricità nei paesi industriali diventerà proibitivo per l’industria manifatturiera.

Di fatto, la politica climatica sta redistribuendo grazie ai cartelli della finanza la ricchezza del mondo, ma - diciamolo - non ha quasi più niente a che vedere con la politica ambientale.

Ra.Vi.


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