Pandemia, venti di guerra tra Washington e Pechino

 di Raffaella Vitulano


Pechino sta superando Mosca nell’intolleranza da parte di Washington. Diversi elementi lo confermerebbero, lasciando intravedere presagi bellici poco rassicuranti. ”Sleeping Joe” ha dichiarato guerra alla Cina, e anche se non lo ha fatto formalmente, troppi episodi si stanno susseguendo per dimostrare, a suo dire, che ”l’America è tornata” . A dire il vero, non ci era mai sembrato che sul fronte delle improvvide invettive o delle sanzioni ne fosse mai uscita, ma le tensioni tra Usa e Cina diventano sempre più palpabili da quei quattro fuochi per ora accesi dagli Stati Uniti: Hong Kong, Xinjiang, Mar Cinese Meridionale, e soprattutto Taiwan. Il Parlamento europeo ha congelato il 20 maggio la ratifica dell’Accordo Ue-Cina sugli investimenti, siglato in dicembre dalla Commissione europea dopo sette anni di trattative. Per quanto Parigi e Berlino in politica estera non subiscano troppo le suggestioni atlantiche, la Ue si è però allineata a Washington. Chi ha stupito davvero nelle ultime ore è stato il direttore dell’Istituto nazionale di virologia Anthony Fauci, affermando ciò che aveva sempre fermamente negato, e cioè che ”è necessaria una indagine sulle origini del Covid-19, non essendo convinto che si sia sviluppato in maniera naturale”. Il virologo ha offerto senza dubbio un asset anti-cinese a Biden, ma ricordiamo che il dottor Anthony Fauci aveva esternalizzato alcuni esperimenti sui coronavirus dai laboratori di armi biologiche degli Stati Uniti all’Istitu to di virologia di Wuhan, uno dei due laboratori BSL-4 (livello necessario per lavorare con agenti pericolosi ed esotici che presentano un elevato rischio di trasmissione di infezioni in laboratorio per via aerea, con agenti che causano gravi malattie mortali in esseri umani) in Cina attrezzati per condurre questo tipo di ricerca.

I cinesi, in tutta risposta, hanno tirato fuori un’altra storia, inedita per noi comuni mortali, chiedendogli cosa accadde nell’esta te 2019 nel laboratorio virologico segreto militare di Fort Detrick, nel Maryland - chiuso proprio nel luglio 2019 - dove si facevano sperimentazioni sui pipistrelli; dove erano stati segnalati migliaia di casi di polmoniti atipiche (riferite nel marzo 2020 dal direttore dei Centri di controllo delle malattie, Robert Redfield, alla Casa dei rappresentanti in Campidoglio. E quanti dei 230 atleti militari americani che parteciparono ai Giochi olimpici militari a Wuhan nelle ultime due settimane di ottobre 2019 risultavano febbricitanti già in partenza, tanto da non poter partecipare alle gare? Una coincidenza che Wuhan diventasse l'epicentro della pandemia poco tempo dopo le Olimpiadi militari? L’escala tion tra Washington e Pechino ci sta portando nuove notizie. Che il virus non fosse stato un fenomeno evolutivo naturale ne era convinto già a inizio pandemia il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lijian Zhou, che, a livello internazionale, aveva fatto scalpore condividendo due articoli di Larry Romanoff sulla possibile “targetizzazione genetica” di un virus che stava avendo un effetto sproporzionatamente letale su iraniani, italiani e vari genotipi asiatici. Da quanto sta emergendo, occorre ora capire se quel laboratorio originario da cui era sfuggito il virus fosse cinese o controllato dagli Usa. E questo spiegherebbe la reazione di Anthony Fauci, che avrebbe trasformato la maggiore fake news di quel periodo in una possibile verità ufficiale: ”Penso che dovremmo continuare a indagare su quello che succedeva a Wuhan per scoprire cosa è successo. Sono assolutamente a favore di qualsiasi indagine che esamini l’origine del virus”. D’altro canto, dovremmo capire perché la Cina, che conta 1,393 miliardi di abitanti, avrebbe avuto in un anno, appena 4.636 decessi per Covid, nonché la spettacolare risposta mediatica della Cina finalizzata ad enfatizzare l’efficacia del Programma per il miglioramento della Sanità cominciato nel 2003. Un’altra lettura, che non esclude la prima e che alcuni commentatori evidenziano, è che il Wuhan Hubei è il principale distretto manifatturiero dove attingono le aziende occidentali, soprattutto quelle automobilistiche. Il blocco della produzione conseguente al lockdown in questo distretto imposto dalle autorità cinesi potrebbeessere letto come una sorta di avvertimento ai paesi occidentali. Ulteriore motivazione per le autorità cinesi ad imporre il lockdown era spegnere gli scioperi e le proteste che avevanoscosso proprio lo Wuhan-Hubei nel 2019 gettando nel panico la popolazione e facendo crollare la produzione. Sibillino nella sua ambiguità il rappresentante cinese: ”Qual è il vero scopo per gli Stati Uniti di continuare a riprodurre la cosiddetta teoria delle fughe di laboratorio? Si preoccupa davvero della tracciabilità dell'origine del virus o vuole solo distogliere l’attenzione?”. Dal momento che le simulazioni di guerra biologica sembrano divenute prassi della geopolitica occidentale (Dark Winter, nel 2000, Lock Step della Fondazione Rockefeller nel 2011, fino ad Event 201 del Forum Economico Mondiale) l’ipotesi della diffusione attiva sembra prendere forma. Già nel giugno 2020, Sir Richard Dearlove (ex capo del MI6) divenne un acceso sostenitore dell’ipote si della fuga dal laboratorio di Wuhan. Dearlove è piuttosto esperto di armi biologiche e dell’arte del depistaggio. Accusare la Cina di aver fatto sfuggire il virus da un suo laboratorio, sia per caso che per intenzione significa identificare un colpevole, con quel che ne consegue. E’ di nuovo un articolo del New York Times, pubblicato il 3 maggio, a segnare il cambiamento nella narrazione relativa al coronavirus. Smorzate le speranze che il Covid sia un fenomeno temporaneo, l’articolo promuove l’ipo tesi che il virus ormai durerà per sempre e le pandemie saranno senza fine. Logoramento, perturbazione e condizionamento come chiavi per creare capacità alla pari e relazioni asimmetriche. Lo dice con chiarezza il biochimico James Giordano, che ai cadetti dell’Accademia Militare degli Stati Uniti ha annunciato le prossime armi sostenendo che ”il concetto di cervello come campo di battaglia è molto importante”.

28.5.2021

Quando la politica del figlio unico diventa strumento di controllo 

Henry Kissinger, Premio Nobel per la Pace nel 1973, è anche l’autore del discusso rapporto Nssm-200: Implications of Worldwide Population Growth for U.S. Security and Overseas Interests, pubblicato nel 1974. Questo rapporto, ormai declassificato, è un punto di svolta nella trasformazione della politica estera degli Stati Uniti in quanto individua la relazione esistente tra la potenza politico- economico- militare di una nazione e il suo incremento demografico Alla Cina fu concesso di accedere alla tecnologia occidentale necessaria a farla uscire dalla sua povertà purché seguisse le indicazioni della Banca Mondiale e adottasse un programma di pianificazione familiare imperniato su un unico figlio. Nel 2015 il limite fu portato a due figli e i principali economistidella Bank of China ne chiesero l’immediata eliminazione. Nel frattempo, la politica nazionale verticistica della Cina, incentrata sull’ampliamento delle fonti energetiche e la tecnologia, ha creato una crescita temutissima e uno sviluppo economico che oggi vede Pechino sul podio con Mosca tra i nemici di Washington.

Ra.Vi.

Quell’affronto mal digerito alla Conferenza di Copenhagen 

Altro elemento di scontro tra Usa e Cina é che, nel dicembre 2009 a Copenhagen, Cina e India sabotarono il programma COP-14, che avrebbe dovuto fissare tagli legalmente vincolanti alle emissioni di CO2, in nome della decarbonizzazione e deindustrializzazione di gran parte della società. Il vertice si chiuse con un accordo non vincolante; Barack Obama ne uscì malissimo. Cina e India, insieme ad alcuni governi africani, non vollero sacrificare la loro industria e la loro sovranità nazionale sull’altare di modelli matematici realizzati da tecnocrati del cambiamento climatico che, solo pochesettimane prima, erano stati pubblicamente denunciati dai ricercatori dell’Università dell’East Anglia in quello che sarebbe stato definito lo scandalo del Climategate per attribuire un maggior peso alle attività umane negli attuali cambiamenti climatici. Dal 2013, questa lotta per la sovranità nazionale è ancora collegata alla creazione da parte della Cina della Belt and Road Initiative come forza vitale dell’emergente Alleanza Multipolare Eurasiatica, insieme alla Russia. Un nodo mai sciolto.

Ra.Vi.




Commenti

Post più popolari