Afghanistan, quella guerra al profumo di zafferano e oppio

 di Raffaella Vitulano

Lo Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction statunitense ha sentenziato il fallimento ventennale della politica americana in Afghanistan. Ne suo ultimo report racconta appunto di un fallimento costruito con meticolosa incompetenza, con la responsabilità di quattro amministrazioni repubblicane e democratiche. Una analisi impietosa e devastante, tratteggiata con lucida determinazione da John Sopko nell’undicesimo e presumibilmente ultimo rapporto sulle “Lezioni imparate” a Kabul. Recriminare, oggi, non serve a nulla. Non serve a Zaki Anwari, che aveva 19 anni. Uno dei “falling men” precipitati lunedì 16 agosto dall’aereo militare americano decollato dall’aeroporto di Kabul. Anwari è precipitato dall’aereo cui era aggrappato, e la sua caduta nel vuoto ha drammaticamente rievocato il volo delle persone gettatesi nel vuoto quel lontano 11 settembre, data da cui tutto ha avuto inizio. A Kabul, anche la disperazione di tante madri: figli lanciati oltre il filo spinato dell’aeroporto.

Quei figli lanciati come fantocci di pezza ai soldati americani affinché li portassero via dal Paese. Dietro la coltre di incompetenze e menzogne, solo business. Come in ogni guerra.Era il 2010 quando il New York Times osservòche l’Afghanistan avrebbe potuto diventare “l’Arabia Saudita del litio”, citando un memoranduminterno del Pentagono. I calendari scorrevanomentre trivelle e schiavi procedevano con l’estrazione di oro, rame e ferro. Ma le cosiddette terre rare e il litio - di cui ampiamente abbiamo parlato in articoli precedenti - richiedono investimenti sostanziosi, sia in terminieconomici, di tempo e di conoscenze tecniche.Attualmente l’estrazione dei minerali genera soloun miliardo di dollari all’anno. Pechino osservavada anni in silenzio le divise mimetiche stranieretentare di avanzare su quelle terre impervie. I talebani non sarebbero mai riusciti a sfruttare le risorse del sottosuolo. E Pechino esitava, aspettando ahimè i cadaveri dei nemici mandati a morire da sciagurati incompetenti di Washington come ai tempi del Vietnam, mantenendo contatti e comunicazioni con i talebani. Secondo alcune stime, l’Afghanistan detiene tra 1 e 3 trilioni di dollari in risorse minerarie in riserve sotterranee, inclusi vasti giacimenti d’o ro e litio che potrebbero essere utilizzati per sviluppare batterie per veicoli elettrici. Mancano infrastrutture e attrezzature per estrarli e venderli agli acquirenti globali: è lì che si inserirà Pechino. Dovrà comunque fare i conti con Mosca, che sostiene l’avvio di un dialogo nazionale in Afghanistan, il cui risultato dovrebbe essere la formazione di un governo rappresentativo per risolvere il conflitto nel paese, secondo quanto ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov. La Russia è pronta a promuovere il dialogo con l’aiuto di Cina, India, Iran, Pakistan e Stati Uniti, un gruppo di supporto il cui ruolo nei negoziati “è sempre stato riconosciuto da tutti”, ha ricordato Lavrov. Oltre 2.200 miliardi di dollari, per la precisione 2.261 miliardi, del resto, è costata agli Stati Uniti la missione in Afghanistan per battere il terrorismo lanciata dopo l’11 settembre e durata 20 anni. Circa mille miliardi sono stati spesi per le operazioni di combattimento, 530 per il pagamento degli interessi dei debiti contratti per finanziare l’intervento militare, 443 miliardi è l’incremento del bilancio del dipartimento americano per la difesa per le attività legate alla guerra e quasi 300 miliardi sono la spesa per la cura dei veterani rientrati negli Stati Uniti. Poi ci sono le spese sostenute dai Paesi della coalizione “Enduring freedom”. Quella Pace duratura mai arrivata e mai mantenuta.

I talebani, del resto, sono tornati e occorrononuovi freni. Era il 2003 quando Stefano Dambruoso veniva incoronato dal Time tra gli eroi europei “per il coraggio professionaledimostrato nella caccia al terrore”. Era solo la consacrazione al grande pubblico; il magistrato, simbolo italiano alla lotta del fondamentalismo, non ha mai smesso di essere in prima linea. “I talebani sono stati sconfitti, ma hanno avuto vent’anni per rialzarsi. Noi glielo abbiamo permesso. Inizialmente manterranno un basso profilo, cercheranno un dialogo, per convenienza. Alla comunità internazionale mostreranno il loro lato meno feroce e si organizzeranno. Il problema sarà quando emergerà un leader forte, un punto di riferimento religioso capace di parlare ai diversi gruppi fondamentalisti e di farli convergere. L’Afghanistan potrebbe tornare così ad esercitare la leadership, tornare terra di ospitalità e approdo, una palestra di addestramento per i jihadisti con lo Stato complice e solidale”.

Ma anche se nel suo mirino primo posto ci saranno gli Stati Uniti, subito dopo ci sarà l’Europa, con i suoi valori occidentali da combattere. “Il grande traffico di droga aumenterà in modo esponenziale. L’oppio è da sempre una attività tra le più redditizie per i talebani. A Herat i militari italiani avevano riconvertito le coltivazioni di oppio in zafferano” . Oggi nelle campagne sono tornati i talebani a imporre il 10% sull’oppio. A dimostrazione che nelle periferie il controllo si era perso da tempo.

25 agosto 2021

Talebani nuovi narcos Big Pharma spinge sugli oppioidi 

Mentre i Talebani avevano ridotto lo smercio di oppio, fra il 2001-2007 lo smercio è raddoppiato e dal 2007 è passato direttamente sotto il controllo delle grandi case farmaceutiche occidentali. L’abuso degli oppioidi, riporta Il Sole 24 Ore citando dati del governo Usa, ha causato la morte di 400mila persone negli ultimi vent’anni. Più dei caduti americani nella Seconda guerra mondiale. Un conto di 100 miliardi di dollari alle Big Pharma per le oltre 2000 cause avviate da 45 Stati e municipalità. Da anni è poi in corso una lotta fra i paesi occidentali per il controllo del lithio, importante per metallurgia ed elettronica. Ma interessi anche più grandi si concentrano intorno alle risorse minerarie come il marmo, in cui sono leader le industrie britanniche e cinesi. Le società italiane di casa nostra in Afghanistan sono Eni, Enel, ma ancheGruppo Trevi, Fantini, Gruppo Minerali Maffei, Iatt, Assomarmomacchine, AI Engineering. Anche per questo sono morti, e non solo per la democrazia o la lotta al burka, i militari dell’Alleanza. Oltre ai feriti, i mutilati, colpiti da leucemie e da depressioni post traumatiche.

Ra.Vi.

“La politica estera ha alimentato il terrorismo che doveva distruggere” 

La politica estera degli Stati Uniti ha alimentato il terrorismo che doveva distruggere”sentenzia il Washington Post, menando durissimo sull'idea di eccezionalismo americano: “Gli Usa devono resistere alla tentazione di sparare prima e fare domande dopo. Questa è stata la ricetta per il disastro in Vietnam e Iraq. La Guerra al Terrore è stata una guerra per scelta, non per necessità, ed è stata costosa in termini di sangue e denaro”. “ I leader degli Stati Uniti devono liberarsi di un impulso crociato e di un complesso di superiorità morale negli affari internazionali che ha fatto più male che bene alla nazione…” . Invece di costruire su basi di solidarietà é la critica in primapagina - gli Stati Uniti hanno intrapreso una guerra totale di due decennicontro nemici sia reali che immaginari. “In tal modo, hanno sprecato un’opportunità storica di lavorare insieme ad altre nazioni per riparare ai danni delle sue politiche della Guerra Fredda, che hanno contribuito all'emergere di al-Qaeda. La Guerra al Terrore ha alimentato proprio i gruppi che doveva distruggere”.

Ra.Vi.


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