Conti offshore, il nuovo scandalo dei Pandora Papers. Un vaso già visto

 di Raffaella Vitulano

Dopo i Panama Papers, arrivano quelli di Pandora, che prendono il nome dall’omonimo vaso. Sembra che scoperchiare conti offshore sia diventata una giusta nota di merito per l’International Consortium of Investigative Journalists. Ma dato che tali conti non sono necessariamente illegali, molte delle aziende che hanno già risposto alle richieste di commento dei giornalisti hanno affermato di non aver violato alcuna legge. Ed è presumibile che al di là dello scandalo in tempi di ristrettezze economiche per disoccupati, pensionati e onesti lavoratori, le conseguenze saranno relativamente minime per i diretti interessati. Ad ogni modo, dato che i titolari di conti possono utilizzare trust offshore e società di comodo per scopi illeciti, come evitare di pagare le tasse o finanziare imprese criminali, speriamo che le autorità competenti procedano spedite. A cinque anni dallo scandalo dei “Panama Papers”, ammontano a 1,36 miliardi di dollari le somme recuperate dai governi. Non è una cifra altissima, pur di tutto rispetto. Lo conferma proprio l’International Consortium of Investigative Journalists, che ha quantificato le somme recuperate da 24 Paesi ufficialmente riconducibili ai Panama Papers, denunciati proprio dal consorzio. Una cifra comunque ampiamente sottostimata, in quanto sono oltre 80 gli Stati che hanno avviato delle indagini a partire dai documenti rivelati e molti non hanno voluto diffondere l’ammontare del recupero direttamente correlato al sistema panamense o commentare le indagini che sono tutt’ora in corso, come per esempio gli Stati Uniti, il Canada e il Brasile. Anche i Pandora Papers di questi giorni rivelano il funzionamento di un’econo mia sommersa che avvantaggia i ricchi e le persone benestanti a spese di tutti gli altri. Del resto, con oltre 600 giornalisti provenienti da 150 media che raggiungono 117 paesi, Pandora Papers è stata la più grande collaborazione di Icij fino ad oggi: milioni di documenti trapelati e la più grande partnership giornalistica della storia hanno scoperto i segreti finanziari di 35 attuali ed ex leader mondiali, più di 330 politici e funzionari pubblici in 91 paesi  e territori e una schiera globale di fuggitivi, truffatori e assassini. I documenti segreti espongono i rapporti offshore del re di Giordania, dei presidenti di Ucraina, Kenya ed Ecuador, del primo ministro della Repubblica Ceca e dell’ex primo ministro britannico Tony Blair. I file descrivono anche le attività finanziarie del “ministro della propaganda non ufficiale” del presidente russo Vladimir Putin e di più di 130 miliardari. I documenti trapelati rivelano che molti politici che potrebbero aiutare a porre fine al sistema offshore preferiscono invece beneficiarne, nascondendo beni in società segrete e trust mentre i loro governi fanno poco per rallentare un flusso globale di denaro illecito che arricchisce i criminali e impoverisce nazioni. L’inchiesta Pandora Papers smaschera i proprietari segreti di società offshore, contibancari in incognito, jet privati, yacht, ville, persino opere d’arte di Picasso, Banksy e altri maestri, fornendo più informazioni di quelle normalmente disponibili per le forze dell’ordi ne e i governi a corto di liquidità. Le persone collegate dai documenti segreti alle risorse offshore includono la superstar indiana del cricket Sachin Tendulkar, la diva della musica pop Shakira, la top model Claudia Schiffer e un mafioso italiano noto come ”Lell the Fat One”(Lello il grasso) . Il mafioso è in realtà Raffaele Amato ed è stato legato ad almeno una dozzina di omicidi. I documenti forniscono dettagli su una società fittizia, registrata nel Regno Unito, che Amato ha utilizzato per acquistare terreni in Spagna, poco prima di fuggire lì dall'Italia per costituire la propria banda criminale. Amato, la cui storia ha contribuito a ispirare il film “Gomorra”, sta scontando una pena detentiva di 20 anni e il suo avvocato non ha risposto alla richiesta di commento dell’Icij. Tra gli italiani ci sono poi anche gli allenatori di Real Madrid e Manchester City, Carlo Ancelotti e Pep Guardiola nella lista dei “Pan dora Papers”. Gli uomini d’af fari che operano a livello internazionale si difendono sostenendo di aver bisogno di società offshore per condurre i propri affari finanziari. Ma questi affari spessoequivalgono a trasferire i profitti dai paesi ad alta tassazione, dove vengono guadagnati, a società che esistono solo sulla carta in giurisdizioni a bassa tassazione. L’uti lizzo di rifugi offshore è particolarmente controverso per i personaggi politici, perché possono essere utilizzati per nascondere attività politicamente impopolari o addirittura illecite alla vista del pubblico. I Pandora Papers mostrano inoltre che la macchina da soldi offshore opera in ogni angolo del pianeta, comprese le più grandi democrazie del mondo. E gli avvocati fanno la loro parte. Un documento dei Pandora mostra che le banche di tutto il mondo hanno aiutato i propri clienti a creare almeno 3.926 società offshore con l’assistenza di Alemán, Cordero, Galindo & Lee, uno studio legale panamense guidato da un ex ambasciatore negli Stati Uniti: sarebbero almeno 312 le società nelle Isole Vergini britanniche per i clienti del gigante americano dei servizi finanziari Morgan Stanley. Baker McKenzie, il più grande studio legale degli Stati Uniti, avrebbe contribuito a creare il moderno sistema offshore e continua a essere un pilastro di questa economia sommersa. Rispetto ai Panama Papers,che provenivano dagli archivi di un unico fornitore di servizi offshore: lo studio legale panamense Mossack Fonseca, i Pandora Papers forniscono dettagli su decine di milioni di dollari spostati dai paradisi offshore nei Caraibi e in Europa nel South Dakota, uno stato americano scarsamente popolato che è diventato una delle principali destinazioni per le attività straniere.

6 ottobre 2021




L’effetto dei Panama Papers sui recuperi Paese per Paese 

I l Paese che in questi 5 anni ha recuperato più entrate dopo l’inchie sta è stato il Regno Unito, con 252,8 milioni di dollari. A seguire la Germania, con 195,7 milioni, la Spagna, con 166,5 milioni, la Francia, con 142,3 e l’Australia con 138 milioni di entrate recuperate (in dollari). Anche la Colombia e l’E cuador hanno incrementato le loro entrate rispettivamente di 88,88 e 84,3 milioni di dollari, mentre l’Italia ha recuperato un importo pari a 65,49 milioni di dollari. Tra i primi 10 Paesi che hanno recuperato di più figurano anche la Repubblica Ceca, con 36,46 milioni, e la Norvegia, con 33,83 milioni di dollari. L’ICIJ ha quantificato i recuperi fiscali anche dell’Islanda (25,53 milioni), del Messico (21,36), della Danimarca (21,36), della Svizzera 19,3), del Belgio (15,53), di Malta (16,47), dell’Olanda (16,39), di Panama stessa(14,13), dell’Austria (2,73), del Lussemburgo(2,39), della Slovenia e dell’Uruguay, con unmilione di dollari ciascuno, della Nuova Zelanda (410mila dollari) e della Lituania (358mila). IPanama Papers, però, non hanno avuto un impatto solo sulle entrate fiscali.

Molti Stati, infatti, stanno continuando a portare avanti cause civili e penali per reati come frode e riciclaggio.

Ra.Vi.

Cosa dice la legge italiana Le pronunce della Cassazione 

E in Italia cosa accade quando si scopre un cittadino nei Papers? In sintesi, la Corte di Cassazione pone in essere un bilanciamento tra diritti personali e diritti pubblici, dove questi ultimi prevalgono a favore dell'utilizzazione dei dati acquisiti e sono idonei ad essere utilizzati dal Fisco nella misura in cui si ritengano idonei a fondare una o più presunzioni gravi, precise e concordanti circa il reato di evasione fiscale del contribuente. La Corte di Cassazione, con le due ordinanze nn. 8605 e 8606 del 28 aprile 2015 si è espressa sulla questione della utilizzabilità della lista degli italiani ricompresa nei Panama Papers, chiarendo che l’utilizzo, nel procedimento volto all’accertamento di violazioni di natura fiscale dei documenti “non determina alcuna lesione di diritti costituzionalmente garantiti dal contribuente” e che “i valori collegati al diritto alla riservatezza e al dovere di riserbo sui dati bancari sono sicuramente recessivi di fronte a quelli riferibili al dovere inderogabile imposto ad ogni contribuente dall'art. 53 della Costituzione”.

Ra.Vi.


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