Troppo ricchi, troppi poveri L’altra faccia della Cina post Covid

 di Raffaella Vitulano


Numeri record per la Cina post Covid. Quello straordinario della produzione industriale e quello difficile della disoccupazione. Secondo i dati del Bureau of Statistics cinese, la produzione industriale è cresciuta notevolmente a gennaio-febbraio, registrando un incremento del 35,1% rispetto ai primi due mesi del 2020. Rispetto ai primi due mesi del 2019, la crescita è del 16,9%. A un anno dalla pandemia di coronavirus, tuttavia, i giovani cinesi hanno ancora difficoltà a trovare lavoro. Il tasso di disoccupazione per le persone di età compresa tra 16 e 24 anni era del 13,1% a febbraio, molto al di sopra del tasso nazionale di disoccupazione urbano del 5,5%. Di fatto, il dato è rimasto lo stesso del periodo all’apice della pandemia di un anno fa e mostra lo squilibrio di una crescita immune forse al coronavirus ma permeata da una endemica morbilità del sistema cinese. Lo stesso portavoce dell’ufficio statistico cinese, Liu Aihua, ammette che ”le basi per il rilancioeconomica non sono ancora solide”. Ad ogni modo, Pechino ha affrontato al meglio l’emergenza, ora apparentemente superata, e si appresta a rilanciare la propria economia. Secondo alcune analisi riportate da Teleborsa, la Cina potrebbe registrare un tasso di crescita delpil compreso tra il 15-20% per i primi tre mesi. A trainarla è il settore manifatturiero, aumentatodel 39,5%. L’attività mineraria è cresciuta del 17,5%, la produzione e la fornitura di elettricità,gas e acqua sono aumentate del 19,8%, quelle di apparecchiature e della produzione high-techsono cresciute, rispettivamente, del 59,9% e del 49,2%. In termini di produzione di prodotti, la crescita anno su anno di camion, robot industriali, escavatori e macchine per la spalatura e apparecchiature per micro computer ha superato il 100%. A crescere sono anche i consumi (+33,8% su base annua dopo il +4,6% rilevato a gennaio). Si stima che il pil della Cina nel primo trimestre potrebbe crescere di circa il 17%, ma gli analisti stimano che nel 2021 l’economia cinese si ridurrà gradualmente dal secondo trimestre in poi. Nel 2021, scrive Le Monde, l’economia cinese potrebbe crescere di circa l’8%. Nei prossimi anni la Cina abbandonerà dunque definitivamente il suo status di Paese emergente per quello di Paese sviluppato. ”La questione è se è ancora un paese povero con molti ricchi o già un paese ricco con molti poveri”, aveva l’abitudine di dire, negli ultimi anni, Pascal Lamy, già direttore generale dell’Omc dal 2005 al 2013. In queste condizioni, la priorità dei gerarchi di Pechino è ”il rafforzamento delle capacità strategiche nazionali”, seguito dal ”controllo delle catene di approvvigionamento”. Il disaccoppiamento attuato dall’amministrazione Trump, e in particolare l’estensione dell’elenco (entity list) delle imprese cinesi con le quali gli americani non sono più autorizzati a commerciare, imbarazza i cinesi più di quanto vogliano ammettere. Alibaba e Tencent potrebbero entrare nelle fila delle 35 aziende già presenti nella lista nera, secondo le informazioni pubblicate a gennaio dal Wall Street Journal. I leader cinesi non vogliono più dipendere più dagli Stati Uniti in alcuni settori strategici, in particolare quello dei semiconduttori. La domanda interna intanto resta al palo. Nel maggio 2020, il Primo Ministro ha rivelato che 600 milioni di cinesi vivono con meno di 1.000 yuan (126 euro) al mese. Secondo la rivista americana Forbes, i 400 cinesi più ricchi hanno visto intanto la loro fortuna crescere del 64% fino a 2.100 miliardi di dollari nel 2020. Il paese, soprattutto nelle zone più remote, è un vasto cantiere. ”Innovazione” e ”qua lità della crescita” sono altri mantra dei leader cinesi. Il ”rafforzamento della lotta al monopolio” e la ”prevenzione dell’espansione disordinata del capitale” sono, inoltre, una delle priorità economiche per il 2021. Sotto accusa, la tecnologia e il commercio elettronico. I giganti della Rete sono accusati di svolgere il ruolo di intermediari senza scrupoli, incitando i cinesi a indebitarsi, mentre passano i rischi ad altri, in particolare alle banche statali. Pechino sembra rendersi conto che Alibaba, Tencent, Baidu, Xiaomi e JD. com hanno acquisito troppo potere. Queste aziende private formano oggi un oligopolio che può ostacolare l’innovazione e detengono una massa di dati sui consumatori cinesi infinitamente superiore a quella delle banche statali. Jack Ma, fondatore di Alibaba, si è rifiutato di condividere questo tesoro digitale con i politici e sarebbe questo il motivo per cui ora è in disgrazia. Xi Jinping, del resto, è stato chiarissimo: ”Il governo, l'esercito, la società, le scuole, il Nord, il Sud, l'Est, l'Ovest: il Partito controlla tutto”, aveva detto al congresso del Pcc fin dal 2017.Oggi questo è più vero che mai.
Fmi: il virus solleverà conflitti o li reprimerà completamente 

Arriva l’indice del malessere, elaborato dal Fondo Monetario Internazionale: si basa sull’analisi di milioni di articoli, pubblicati dal 1985 in 130 paesi, che esaminano 11mila eventi capaci di causare esplosioni sociali. Questa ricerca gli consente di anticipare che, entro la metà del 2022, inizierà un’onda ta di proteste, che si tenta già di prevenire e controllare.

Secondo due recenti studi dell’Fmi, le epidemiepossono tuttavia anche sortire l’effetto contrario,cioè possono fungere da strumenti di mitigazionedella conflittualità sociale, reprimendo potenziali focolai di rivolta attraverso una drastica contrazione delle attività di socializzazione e ricreative, oltre che degli spostamenti e dei viaggi.

Storicamente, le pandemie hanno annunciatograndi disordini sociali, così come ben descrittonel romanzo “I Miserabili” (1862) di Victor Hugo:le disuguaglianze sociali portano all’esplosione di conflitti sociali; ma quando la tensione sociale è alta, la produttività economica si abbassa,aumenta la disoccupazione e aumentano le disuguaglianze, mettendo in moto un circolo vizioso.

Ra.Vi.


Gli analisti di Jp Morgan scommettono Fine della pandemia entro due mesi 

Se lo dice Jp Morgan, c’è da scommetterci: la pandemia ha i giorni contati, entro un paio di mesi potremmo esserne fuori. Oggi sembra surreale, a sentire notiziari e certi specialisti. Ditutt’al tro tenore quanto prospetta un team di analisti della banca statunitense d’affari che include il capo globale della strategia quantitativae dei derivati Marko Kolanovic. ”La diffusione delle varianti non sono in contrasto con un calo complessivo del Covid e la fine della pandemia nel secondo trimestre dovuta ai vaccini,all’immunità naturale, alla stagionalità e ad altri fattori”, ha spiegato in un’intervista. Ammettendo quindi che la profezia di Jp Morgansi verifichi, cosa succederà ai mercati finanziari?Gli analisti della banca reputano che l’econo miasi porterà dietro le scorie nocive del virus per lungo tempo, però le società più direttamente collegate alla ripresa potrebbero giovarsi dell'effetto sorpresa. In questo contesto, le azioni dei settori energetici avrebbero un'impennata sospinti dalla risalita delle materie prime, mentre i titoli bancari verrebbero sostenuti dalla fiducia per una ritrovata stabilità finanziaria. Al contrario, qualche problema potrebbe sorgere per i titoli tecnologici.

Ra.Vi.

17.3.2021


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