Non solo Kabul. Le verità scomode secondo Julian Assange

 di Raffaella Vitulano


Vive, o sopravvive, in una cella di nove metri quadrati alla Her Majesty Prison Blemarsh, carcere di massima sicurezza a Londra. Ed e lì da due anni e mezzo dopo l’arre sto da parte di Scotland Yard compiuto dentro l’Ambascia ta dell'Ecuador, in attesa che si concluda il processo di estradizione intentato dagli Stati Uniti, dove rischia 175 anni di carcere. Ed ora siamo arrivati al bivio fatale: o Julian Assange riacquista la libertà o muore. E se muore, qualcuno sussurra senza giri di parole, non è perché si è suicidato, è perché lo hanno ucciso. Il giornalista Julian Assange è in carcere nel Regno Unito. Basta leggere qualche documento top secret divulgato da Wikileaks per comprendere che hanno anticipato quello che sarebbe stato l’esito disastroso della missione Usa in Afghanistan. Assange ha pubblicato fino a dieci milioni di “leak” tra informazioni riservate e documenti segreti di governi e apparati militari. Nella cella di una delle più famigerate prigioni del Regno Unito, un uomo lotta contro alcune delle più potenti istituzioni mondiali che da oltre un decennio lo vogliono distruggere. Con quali capi d’imputazione un giornalista si trova in prigione col rischio del carcere a vita negli Stati Uniti?

Se le guerre possono essere avviate dalle bugie,possono essere comunque fermate dalla verità:è questa l’etica che ha guidato Julian Assange e Wiki-Leaks, che ha raccontato la repressione cinese della rivolta tibetana, la persecuzione contro l’opposizione in Turchia, la corruzione nei Paesi arabi, le esecuzioni sommarie compiute dalla polizia keniota, e tanto altro ancora. Un caso che fece davvero notizia fu quello diffuso Sai tempi in cui la stampa internazionale sembrava ancora libera. New York Times, The Guardian, Der Spiegel, Le Monde ed El Pais collaborarono con Assange e Wiki-Leaks per diffondere i cosiddetti Panama Papers. 1,5 milioni di documenti confidenziali creati dalla Mossack Fonseca, studio legale panamense, che forniva informazioni dettagliate su oltre 214.000 società nei paradisi fiscali, includendo le identità degli azionisti e dei manager. I documenti mostrano come individui ricchi, compresi funzionari pubblici, nascondano i loro soldi dal controllo statale. Quanto all’Iraq e all’Afghanistan, molti rapporti citati da Wikileaks sono stati scritti dagli stessi soldati americani che combattevano sul campo, anticipando di 11 anni il racconto di una guerra fallita. Era il 2010 quando Wikileaks pubblicò quel fiume di documenti riservati denominato in seguito Afghan Leaks nel Cablegate. Chelsea Manning, ex militare statunitense all’e poca dei fatti analista di intelligence durante le operazioni militari in Iraq, nel 2013 venne condannata a 35 anni di carcere con l’accusa di aver aver trafugato decine di migliaia di file riservati. Venne poi graziata da Barack Obama. Una sorta di “diario” che ha portato alla luce non solo la strage di civili in incidenti non dichiarati, ma anche il timore per la forza dei Talebani e il rapporto degli islamisti con Pakistan e Iran.

Oggi assistiamo ad una Caporetto per gli StatiUniti che adesso piangono anche i morti nel terribile attentato all’aero porto di Kabul, ma nelle carte di Wikileaks oltre a tutti gli orrori di questa guerra, era ben chiaro ciò che sarebbe accaduto in Afghanistan. Julian Assange è per alcuni un impostore, per altri un potenziale Premio Nobel per la Pace per la sua attività di informazione e trasparenza. Comunque un personaggio simbolico e controverso di questi anni - e dal finale ancora aperto - che concentra paradossi e sfide e interrogativi di questa epoca: sulla politica, la Giustizia e il giornalismo. Alla fine del 2010 la magistratura svedese lancia un mandato di cattura per le denunce di stupro da parte di due donne svedesi. Assange replica di aver avuto solo rapporti consenzienti e si consegna alla polizia britannica. Dopo i domiciliari e la libertà vigilata il programmatore si rifugia presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra. È il 2012: Assange teme di essere estradato in Svezia e da lì negli Usa. La cittadinanza ecuadoregna gli viene revocata dal neo-eletto Lenin Moreno. L’11 aprile 2019 la polizia britannica entra nell’ambasciata e preleva Assange. Stella Morris, legale e compagna di Assange, assicura a Stoccolma che il programmatore è disposto a collaborare a condizione che venga scongiurata l’estradizione negli Stati Uniti. Intanto arriva una condanna di un tribunale di Londra per la violazione della libertà vigilata mentre il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti il 23 maggio 2019 aggiunge 17 capi di accusa- per 175 anni di carcere a quello di pirateria informatica. Il sospetto agitato dagli statunitensi è che il fondatore di WikiLeaks sia un collaboratore della Russia anche perché nel 2013 consiglia al whistleblower dell’N sa americana, Edward Snowden, di rifugiarsi a Mosca.

3 settembre 2021




Ancora lontana la resa dei conti ma il rischio suicidio resta alto 

Ancora lontana una resa dei conti con Assange: il 19 novembre 2020 la magistratura svedese, per mancanza di prove, abbandona l’indagine per violenza sessuale e il 4 gennaio 2021 la giudice Vanessa Baraitser, della corte penale londinese di Old Bailey, nega l’estra dizione in quanto le “condizioni mentali di Julian Assange sono tali che sarebbe inappropriato estradarlo negli Stati Uniti” e potrebbero portarlo al suicidio a causa di una “grave depressione” causata dalla reclusione. Washington annuncia subito ricorso. Il relatore delle Nazioni Unite sulla tortura, Nils Melzer, a novembre 2020, aveva rinnovato l’appello per l’immedia ta liberazione di Assange e per il trasferimento ai domiciliari . Da metà agosto 2021, tutto da rifare. Del breve e fragile sospiro di sollievo, provocato a gennaio dalla decisione di non estradare il giornalista Julian Assange negli Stati Uniti, non rimane che un lontano ricordo. L’udienza preliminare del processo d’appello, ha di nuovo riacceso l’incubo dell’estradizione, solo apparentemente passato.

Ra.Vi.


John Pilger: “Così si criminalizza il giornalismo indipendente” 

Il noto giornalista pluripremiato John Pilger commenta l’ultima vicenda di Julian Assange. Pilger era seduto alla Corte 4 della Royal Courts of Justice di Londra con Stella Moris, la compagna di Julian Assange: “Conosco Stella da quando conosco Julian. Anche lei è una voce di libertà, proveniente da una famiglia che ha combattuto il fascismo dell’Apartheid”. A giugno, il quotidiano islandese Stundin ha riferito che un testimone chiave dell’accusa contro Assange ha ammesso di aver inventato le sue prove: Sigurdur Thordarson, informatore dell’Fbi, ha lavorato come volontario per WikiLeaks in Islanda tra il 2010 e il 2011. Nel 2011, quando sono state mosse diverse accuse penali contro di lui, ha contattato l’Fbi e si è offerto di diventare un informatore in cambio dell’immunità da tutti i procedimenti giudiziari. È emerso che era un truffatore condannato che ha sottratto $ 55.000 da WikiLeaks e ha scontato due anni di carcere. Pilger non ha dubbi che “mettere a tacere e criminalizzare il giornalismo indipendente era l’obiettivo, diffamare il metodo”.

Ra.Vi.




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