Cacao amaro nell’uovo di Pasqua: lavoro minorile nella filiera

 di Raffaella Vitulano

Uno spunto di riflessione per le uova di Pasqua che metterete a tavola: il lavoro minorile nella catena di produzione del cacao è aumentato negli ultimi dieci anni, lo evidenzia un rapporto commissionato dal governo statunitense. Ma come mai un’industria che genera 100 miliardi di dollari all’an no non è in grado di lottare in maniera più efficace contro questo fenomeno? Stando a un’indagine svolta dal Centro nazionale di ricerca Norc dell’Università di Chicago nelle regioni della Costa d’Avorio e del Ghana, la quota del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao è aumentata del 14%, passando dal 31 al 45% tra il 2008 e il 2019. Il Washington Post ha così parlato di ”un fallimento delle compagnie del cioccolato incapaci di mantenere la promessa di sradicare il lavoro minorile nella loro catena di produzione”. Le conclusioni dei ricercatori non hanno tuttavia sorpreso gli attori del settore. Negli ultimi vent’anni, le varie compagnie hanno investito milioni in progetti, nel monitoraggio e in modelli di certificazione in Africa occidentale. L’anno scorso, per esempio, la Nestlé ha scoperto 18 mila lavoratori minorenni nella sua catena di produzione dopo aver controllato oltre 75 mila bambini. Tale risultato è stato ottenuto grazie a un progetto costato 224 milioni di franchi volto a migliorare la sostenibilità del suo cioccolato. Nel 2001, i governi di Stati Uniti, Ghana e Costa d’Avorio e una coalizione di aziende del settore del cioccolato hanno firmato l’Harkin-EngelProtocol, il cosiddetto protocollo del cacao.L’intento è di lottare contro le peggiori forme di sfruttamento minorile. Gli obiettivi sono statifissati ”senza conoscere la complessità e la portata di un fenomeno legato alla povertà nelle regioni rurali dell’Africa”, ricorda la Fondazionemondiale del cacao. Per contrastare il lavorominorile, le compagnie hanno punito i coltivatoriche impiegavano i figli nelle piantagioni e lungo la filiera di produzione. ”È stato uno dei principali errori commessi dall'industria del cacao”, sostiene l’Iniziati va internazionale del cacao (Ici), gruppo con sede a Ginevra impegnato nella lotta contro il lavoro minorile. Tale approccio non va alla radice del problema, rendendo anzi la lotta più difficile. Stando alla Ici, le famiglie hanno continuato a impiegare in maniera nascosta i figli per non perdere la certificazione ”zero lavoro minorile”.

In Africa occidentale viene prodotto circa il 70% del cacao mondiale. E proprio in questa regione è stata lanciata una serie di iniziative per promuovere una coltivazione più efficiente. Stando al rapporto del Centro nazionale di ricerca Norc, in dieci anni la produzione di cacao è aumentata del 62% in Ghana e Costa d’Avorio e la quota di famiglie impiegate nelle piantagioni è passata dal 55 all’84%. Nello stesso periodo di tempo, la produttività è però rimasta pressoché invariata. Questa evoluzione ha purtroppo avuto effetti negativi sul lavoro minorile. ”Ades so ci sono molte più famiglie di piccoli agricoltori che coltivano piante di cacao in Costa d'Avorio e Ghana. Ciò significa che ci sono molti più bambini che potrebbero essere impiegati nelle piantagioni”, indica la Ici. Per aumentare la produzione, molti coltivatori impiegano più pesticidi e fertilizzanti. Il rapporto del Norc harilevato che nei due Paesi dei 1,56 milioni di minori, 1,48 milioni svolgono attività pericolose, per esempio usano il machete e prodotti agrochimici, il cui impiego è aumentato di cinque volte negli ultimi dieci anni. Si credeva erroneamente che aumentando la produzione di due volte, i coltivatori sarebbero stati doppiamente felici, sani e istruiti. Ciò ha indotto i governi e le imprese a investire molto denaro per aiutare i contadini a produrre di più nonostante la domanda non aumentasse di pari passo. Sul lungo termine questa strategia farà crollare il prezzo sul mercato. Molti esperti del settore sostengono che le compagnie dovrebbero pagare un prezzo equo ai coltivatori. Stando alle stime, i contadini ricevono meno del 7% del prezzo pagato per acquistare una tavoletta di cioccolato. Nonostante le multinazionali siano concordi sul fatto che i contadini debbano ricevere un compenso maggiore, al momento non hanno adottato provvedimenti per migliorare l’attuale situazione. Stando al direttore della FarmStrong Foundation, per lottare efficacemente contro il lavoro minorile è necessario adottare una serie di complessi provvedimenti, alcuni dei quali non hanno nulla a che vedere con l’agricoltura e il cacao. Spesso bisogna promuovere misure per migliorare la salute pubblica, l’alimentazio ne, l’educazione e le infrastrutture. Per Nicko Debenham, responsabile della sostenibilità presso la Barry Callebaut, una delle maggiori aziende produttrici cioccolato al mondo, il ”modello delle colture da reddito favorisce la povertà”. Il suo invito ai coltivatori: per far aumentare il prezzo del cacao, basterebbe abbandonarne la produzione. Coltivate più frutta e verdura, meno cacao e il prezzo prenderà il volo.

La pandemia ha accentuato il fenomeno di sfruttamento 

Secondo uno studio del National Opinion Research Center (Norc) dell’Università di Chicago, i milioni di bambini impiegati nelle piantagioni hanno un’età compresa tra i 5 e 17 anni. La maggior parte lavora per i propri parenti, all’interno di piccole aziende a conduzione familiare, in contesti di grande povertà. Nelle regioni a più alta concentrazione di piantagioni di cacao, ben il 45% della popolazione minorile trova impiego in quest’in dustria. Molti si dividono tra lavoro e scuola. La pandemia ha aggravato la situazione, vanificando anni di sforzi da parte dei governi africani. Uno studio dell’International Cocoa Initiative ha infatti mostrato come il lockdown parziale stabilito in Costa d’Avo rio abbia prodotto un incremento pari al 21% del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao. Alla base del fenomeno ci sarebbero la chiusura delle scuole e la restrizione della libera circolazione,   che avrebbe causato una drammatica mancanza di manodopera agricola. La crisi economica seguita alla pandemia avrebbe inoltre costretto molte famiglie a impiegare i figli nel mondo del lavoro, pur di ottenere entrate aggiuntive.

Ra.Vi.

La crisi economica non risparmia il settore 

International Cocoa Initiative é l’organizzazione non-profit che si preoccupa di garantire i diritti dei bambini che vivono nelle piccole comunità agricole di Ghana e Costa d’Avorio, la cuisussistenza si basa sul lavoro nelle piantagioni di cacao. Due sono le cause correlate all’intensificarsi del lavoro minorile: la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e le contemporaneerestrizioni alla libertà di circolazione dellepersone, che hanno determinato l’ammanco di forza lavoro nei campi. Ma pesa anche la crisi economica aperta dal lockdown, che ha peggiorato le condizioni già precarie delle famiglie contadine. Al diminuiredelle entrate familiari ha corrisposto la necessitàdi far lavorare anche i piccoli di casa. Per questo l’Ici si impegna a monitorare la situazione. Ma l’attenzione deve restare alta anche fuori dallaCosta d’Avorio: oltre all’Ici, anche l’InternationalCoffee Organization ha denunciato un picco nellosfruttamento del lavoro minorile dovuto alla crisieconomica aperta dalla pandemia in 16 Paesi produttori di caffè (l’85% del mercato di produzione globale), che stanno peraltro pagando duramente la contrazione del giro d’affari.

Ra.Vi. 

2.4.2021


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