Nestlé, quel difficile equilibrio tra salute, profitto e dividendi

 di Raffaella Vitulano

Un suo slogan sostiene che ”In Nestlé aiutiamo i bambini a mangiare meglio”. Peccato che la realtà non sia esattamente questa, ma sia un po’ meno brillante per la multinazionale alimentare svizzera, che pure negli ultimi tempi ha intensificato la sua attività sul fronte green e sociale. Forse a discapito della qualità dei prodotti? Un documento interno svelato dal Financial Times rivela che appena il 37% dei ricavi del gruppo (esclusi mangimi per animali, prodotti per l'infanzia e nutrizione medica) proviene da prodotti etichettati sopra il 3,5 nel punteggio Nutri - Australian. È l’e quivalente della lettera C sul Nutri- Score francese. E se quasi il 70% degli alimenti viene considerato non sano, va ancora peggio per bevande (96% sotto il 3,5), caramelle e gelati (99%). Prodotti per lo più consumati soprattutto dai bambini. Basta dare un’occhiata alla piattaforma Open Food Facts per convincersene. Barrette di cioccolato croccanti? ”Scarsa qualità nutrizionale”. Le originali salsicce Knacki? “Di bassa qualità nutritiva”. I coni Extreme con crocchette di torrone? Stessa storia. Alcuni recuperano punti, come la pizza Fresh’up di Buitoni o i cereali Chocapic, ma quel dossier del Ft è un vero e proprio autogol per la multinazionale. Non va meglio oltreoceano, dove la mefistofelica pizza congelata ”Pepperoni Digiorno” con crosta di croissant distribuita negli Usa rappresenta il 40% del consumo massimo giornaliero di sale. Eppure nel novembre 2019, Nestlé si era vantata di essere la prima azienda in Europa a distribuire Nutri-Score in tutto il suo portafoglio e a lavorare per ”prodotti che contribuiscono a una dieta equilibrata” . Si era data un sistema di feedback di qualità impegnandosi da diversi anni a migliorare le sue ricette. Ad esempio, ilcontenuto di zucchero del gelato è stato ridottodel 6% tra il 2010 e il 2015 e le zuppe ora contengono il 14% in meno di sale. Il problema, ahinoi, é globale. Come altre aziende alimentari, Nestlé è combattuta tra le nuove esigenze dei consumatori in materia di salute e la realtà delle vendite, per lo più realizzate su prodotti etichettati dai consumatori come cibo spazzatura. “Il compito delle aziende alimentari è generare liquidità per gli azionisti. Per questo, devono vendere prodotti che vengono acquistati dal target più ampio possibile e questi prodotti sono cibo spazzatura”, riassume brutalmente la nutrizionista Marion Nestle, professoressa alla Cornell University negli Stati Uniti. Diversificata nei marchi acquisiti negli ultimi anni, Nestlé ci prova ma il risultato è ancora disastroso. Come tanti altri gruppi. Danone, dal canto suo, si è riorientata anche su acqua in bottiglia, yogurt e alimentazione specializzata, dopo aver venduto i biscotti Lu nel 2007 all’americana Kraft Foods. Secondo la classifica Brand Footprint di Kantar, il marchio più acquistato al mondo nel 2021 resta Coca-Cola, ma Kinder fa un clamoroso ingresso nella top 20 grazie in particolare al lancio delle Kinder Cards. Un delizioso wafer croccante con ripieno di crema, latte e cacao, valutato però con una tragica E sul Nutri-Score, un sistema di valutazione interna avviato due anni fa dopo che il gruppo Nestlè ha avviato circa quindici anni fa la strategia Nutrizione, salute e benessere. Snack, merendine, dolciumi di ogni genere e fattura: il bello del documento svelato attraversole pagine del Financial Times, sta nel fatto che è proprio l’azienda svizzera ad ammettere che la stragrande maggioranza dei propri prodotti nonrispetterebbero gli standard internazionali di qualità e salute. Eppure Nestlè, Eni, Enel, Generali, sono le le regine dei dividendi che piacciono di più ai risparmiatori. Brutta faccenda questa rogna mediatica. La questione riguarda tuttavia tutti i marchi controllati dall’azienda ed utilizzati per la grande distribuzione. Parliamo di case produttrici profondamente radicate sul nostro territorio: Nescafé, Orzoro, Nesquik, Mio, San Pellegrino, SanBitter, Baci Perugina, Kit Kat. “Abbiamo considerevolmente migliorato i nostri prodotti ma il nostro portafoglio di prodotti continua a presentare prestazioni troppo base rispetto a parametri esterni, in un contesto in cui la pressione delle norme e le richieste dei consumatori aumentano” ammette una fonte interna all’azienda, che ribadisce come il gruppo stia lavorando a ”un progetto che riguarda l’intero gruppo per migliorare la sua strategia, che è stata pioniera in termini di nutrizione e salute”. Dopo gli hamburger vegani, latte di piselli, le salsicce senza carne e il tonno vegetale, potremmo dire che Nestlé é davvero innovativa. Tanto da far innervosire il ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli, che ad Agorà ha ribadito la propria contrarietà: ”Nutriscore è il primo grimaldello per l’inserimento del cibo sintetico. Ci sono multinazionali come Danone e Nestlè che vogliono far passare il concetto che quel cibo è sano e fa bene la salute, questo è un grande problema. Noi invece abbiamo distintività di produzione, riusciamo a penetrare i mercati ad alto valore aggiunto e questo fa paura a quelle grandi multinazionali”.

4.6.2021

Talco e tumori, Johnson & Johnson perde l’appello alla Corte suprema 

Johnson & Johnson dovrà pagare 2,1 miliardi di dollari di risarcimento a venti donne che hanno sviluppato il tumore alle ovaie dopo aver utilizzato il talco dell’azienda. Un talco sequestrato negli Usa e in Canada - paesi in cui le vendite sono diminuite a causa del cambiamento delle abitudini e della sfiducia dei consumatori nei confronti del prodotto ma ancora distribuito in altriStati. La Corte Suprema ha dunque respinto la richiesta della società di riesaminare il caso. La multinazionale americana è stata oggetto di migliaia di azioni legali negli anni, accusata di non aver avvertito i consumatori dei rischi di cancro causati dall’amianto nella sua polvere di talco. Un’ipo tesi che sarebbe stata smentita da studi successivi. Senza alcun commento, riporta Bloomberg, la Corte Suprema si è rifiutata di considerare le obiezioni di J& J sul verdetto del 2018 di una giuria di St. Louis, in cui i giurati avevano fissato

25 mln. di dollari per ognuna delle 20 donne in danni compensatori, cui avevano aggiunto anche 4 mld. di danni punitivi. La cifra era poi stata dimezzata dalla corte di appello.

Ra.Vi.

Accordo Ue sulla trasparenza fiscale delle multinazionali 

Raggiunto un accordo tra le istituzioni Ue sulla trasparenza fiscale delle società. I co-legislatori hanno infatti siglato un accordo che obbliga le multinazionali a rendere accessibile al pubblico e alle autorità fiscali l'importo delle tasse che pagano in ciascuno Stato membro. L’accordo siglato tra i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio prevede regole che impongono alle multinazionali e alle loro controllate con un fatturato annuo di oltre 750 milioni di euro, attive in più di un Paese, di pubblicare e rendere accessibile l'importo delle tasse che pagano in ciascuno Stato membro. Il testo dovrà ora essere approvato in ultima battuta da una maggioranza qualificata dei Ventisette. Dopo essersi a lungo opposta al provvedimento,l’Austria ha cambiato posizione, sbloccando un’in tesa sofferta. L’obiettivo è di imporre trasparenza ed evitare che le aziende spostino i profitti per cercare la giurisdizione più conveniente. Stando ai dati pubblicati dalla rivista Economic Modelling, in media il 21% dei profitti delle banche europee è infatti spostato da un Paese all’altro.

Ra.Vi.


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