Le élites di Washington e il partito unico cinese

 di Raffaella Vitulano

Le riletture di articoli a volte fanno scoprire impensate puntualissime analisi. Forse perché giornalisti come Tom Friedman - editorialista per gli affari esteri del New York Times hanno forti capacità di osservazione. Ed ecco che un suo articolo del 2009 può essere oggi considerato chiave di lettura per capire l’abbraccio delle élites verso la Cina e la transizione di governo in atto negli Usa: le élites globaliste non avrebbero tanto l’obiettivo di competere con la Cina, quanto di importare il modello sociale autoritario cinese da imporre al proprio popolo come inevitabile vincolo esterno derivante dalla forte concorrenza sul mercato globale. Perché l’establishment politico, industriale e culturale americano sarebbe così impaziente di imitare e abbracciare la Cina, paese che i capi dell’intelligence considerano minaccia gravissima per gli stessi interessi Usa? Per una questione, diciamo così, di ordine. A ispirare l’esta blishment sarebbe il modello cinese a partito unico e l’appe tito sempre più grande per il controllo statale dell’informa zione e per la sorveglianza senza garanzie, in opposizione al caos di una repubblica democratica sottoposta allo stato di diritto: questa l’ipotesi di Friedman: “C’è solo una cosa peggiore di una autocrazia a partito unico, ed è una democrazia a partito unico, che è quella che abbiamo noi oggi in America.”Friedman non voleva in realtà elogiare i dittatori. Lungi da lui. Al tempo in cui scriveva questo pezzo, gli Americani dovevano ancora capire che le merci di alta gamma, prodotte in Cina, che stavano consumando - computer Apple, scarpe Nike, eccetera erano spesso fabbricate in campi di lavoro forzato, ad esempio. Non era ancora noto l’orrore di espiantare gli organi ai prigionieri politici. L’establishment politico e industriale americano vedeva solo l’e norme forza lavoro cinese e il crescente mercato di consumatoricome un perno del nuovo ordine economico, ilglobalismo. Quel mondo apparentemente piatto e senza confini di cui l’editorialista del New York Times ed altri avevano prima scritto con entusiasmo intravedendone vantaggi. L’articolo del 2009 di Friedman è importante oggi perché definisce il momento storico, all’inizio del primo mandato di Obama, in cui un pezzo dell’establishment del paese ha scelto di uscire in massa dal partito Repubblicano, per entrare nel partito Democratico, unificando in tal modo l’élite americana sotto un’unica bandiera politica. Così anche negli Usa i concetti di destra e sinistra si sfumano. Se l’obiet tivo è la trasformazione sociale, che è il termine utilizzato da Biden e Harris, allora anche lo scambio tra assistenzialismo e del diritto di lavorare, senza alcuna autorità legislativa o giudiziaria, assume contorni concreti. Questo non accadeva in America. Non sarebbe stato accettato. Non fino a che le élites politiche, industriali, culturali ed accademiche della più ricca e potente nazione della terra non hanno deciso che non erano ricche e potenti a sufficienza, rompendo il patto non scritto con il resto della società.

27.1.2021

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